Ad Alcara Li Fusi, si celebra il rito del Muzzuni legato al culto di Demetra e tramandato da pastori e contadini. Dopo due anni di pandemia tre giorni di cortei, canti, escursioni e visite guidate
di Ornella Reitano

È una delle più antiche feste popolari d’Italia. Si svolge la sera del 24 giugno, ad Alcara Li Fusi, borgo dei Nebrodi, nei giorni del solstizio d’estate. “U Muzzuni” è un rito millenario in cui convive sacro e profano, festa pagana da un lato e festa religiosa dall’altro. Il Muzzuni infatti paganamente rappresenta un simbolo fallico “fonte di ricchezza e fecondità” mentre dal punto di vista religioso ricorda la decapitazione di San Giovanni Battista. Tramandata da pastori e contadini era la festa dedicata a Demetra dea dell’abbondanza, delle messi, del buon raccolto; a Dioniso dio dell’ ebbrezza e ad Afrodite dea dell’amore e della fertilità.

La festa si svolge in due momenti della giornata, nel pomeriggio si celebra San Giovanni Battista con la santa Messa e la processione in onore del Santo con partecipazione delle antiche confraternite; finita la processione, subito dopo il crepuscolo, inizia la seconda parte della festa con la preparazione del Muzzuni. Le donne avvolgono un foulard di seta attorno ad una bottiglia o brocca (che in memoria del Battista ha il collo mozzato) e, a mo’ di vaso, ne fanno fuoriuscire garofani, germogli vari e mazzi di spighe di grano fatti precedentemente germogliare al buio per avere il colore dell’oro: sono i cosiddetti lavureddi.

La brocca viene impreziosita con collane d’oro e gioielli raccolti tra le donne del borgo ed ecco che il Muzzuni è pronto per essere esposto su veri e propri altarini nei diversi quartieri del paese. Fanno da sfondo coperte e tappeti, le pezzare, magistralmente tessuti a mano seguendo l’antica arte del telaio. È una festa corale, che coinvolge tutto il paese. La sera del 24 giugno attorno agli altarini si riunisce tanta gente tra residenti, turisti e curiosi, fino a notte alta si canta, si beve e si intessono amori. Gruppi di cantori popolari alcaresi eseguono in dialetto antiche cantilene, filastrocche e canti d’amore (le chianote e le ruggere) tramandati per via orale.

Questa è anche la notte delle comparanze, u Sanciuvanni, che coronate dal vino esigeranno amicizia e rispetto per tutta la vita. La comparanza si stringe attraverso l’intreccio dei diti mignoli e la recita di una filastrocca; è la notte delle promesse di matrimonio consolidate da brindisi; la notte in cui ci si ingrazia il cielo per il buon raccolto; è la notte della fratellanza e dello stare insieme in cui la gente si riunisce e dimentica i propri affanni.

Quest’anno la festa torna ad Alcara Li Fusi dopo due anni di pausa per la pandemia. Tre giorni, dal 24 al 26 giugno, tra riti storici, concerti, escursioni e visite guidate. “Celebriamo questa tradizione legata al grano per augurarci che Alcara ritorni al grano – sottolinea Fabio Zaiti, presidente dell’associazione culturale AlcaraBorgoNatura – . L’auspicio è che questa festa tanto legata alle nostre tradizioni possa concretamente proiettarci nel futuro”.