Il quartiere di Palermo prende il nome dell’abate Pietro dei conti di Favignana, discendente dell’illustre famiglia di finanzieri genovesi
di Emanuele Drago*

Ogni quartiere che si sviluppò al di fuori del vecchio tracciato murario, a Palermo, prende quasi sempre il nome da illustri feudatari; baroni, principi o duchi che dir si voglia, i quali, volendosi allontanare dalla città, per godere della frescura e della bellezza della campagna circostante, finirono per favorirne, seppur indirettamente, l’inurbamento. Uno di questi quartieri extra moenia, fu il rione chiamato Pallavicino.

A quanto pare, il toponimo della contrada è legato all’omonima villa in cui abitò, alla fine del Seicento, l’abate Pietro Pallavicino dei conti di Favignana. Costui, aveva ottenuto dalla famiglia Santocanale un baglio agricolo con torre e magazzini, divenuta poi di fatto la dimora seicentesca, e alla quale venne anche aggregata una chiesetta dedicata alla Madonna della Toccia (sul sito dell’attuale chiesa dedicata alla Madonna Addolorata). Nella chiesa vi era anche una cripta in cui venivano sepolti gli abitanti del contado. In seguito, la villa – che ancora oggi fa bella mostra in via Mater Dolorosa – dopo diversi cambiamenti di destinazione d’uso passò alla famiglia Speziale.

In riferimento ai Pallavicino, va ricordato che questa illustre famiglia di finanzieri genovesi arrivò a Palermo intorno al 1637, dopo che, in cambio di una grossa somma di denaro prestata alla Corona, ottennero da Filippo IV l’investitura della contea della Egadi. A tal proposito, nel Palazzo Sant’Elia, in via Maqueda, alla fine della prima rampa dello scalone d’ingresso, è possibile ammirare una statua in cui sono scolpiti sia la moglie, sia i figli di un altro erede dei Pallavicino, ovvero, Camillo Pallavicini. La scultura venne realizzata nella prima metà dell’Ottocento da Lorenzo Bertolini, e raffigura Maddalena Pallavicino Balbi, contessa di Favignana, con a fianco i suoi due pargoli, Giacomo e Guidobaldi.

Si narra che il neo conte, in seguito a quella investitura, avesse avviato una massiccia opera di bonifica nell’isola di Favignana e che avesse, inoltre, provveduto a urbanizzarla mediante il trasferimento di oltre trecento famiglie. In seguito, sembra che avesse anche acquisito l’isola di Levanzo, riuscendovi a realizzare un grosso vigneto costituito da oltre novemila piante. Ma il periodo d’oro dei Pallavicino era destinato a concludersi, sotto la spinta dell’accresciuto potere finanziario dei Florio. Infatti, a partire dal 1845, sia una quota dell’ampio vigneto, sia una grossa fetta delle tonnare, furono cedute alla famiglia Florio. Non passò molto che i Pallavicino cedettero a Ignazio Florio l’intero pacchetto azionario.
*Docente e scrittore