Da Castelbuono a Cianciana, da Santo Stefano di Camastra a Licata, fino a Palazzolo Acreide e Sambuca, sono tanti i coworking che stanno nascendo per facilitare il lavoro agile
di Lilia Ricca

La migrazione dei siciliani all’estero è ormai un fatto storico oltre che il ricordo sbiadito di vecchie foto e lettere piene di emozioni che raccontano l’antico desiderio di ritornare a casa. Un viaggio nell’oceano lungo più di un mese per raggiungere le Americhe in cerca di fortuna. Oggi, il lavoro da casa generato dal South working, termine inserito nell’enciclopedia Treccani, per riscoprire i luoghi del Sud Italia anche in ottica turistica, è uno scenario a cui almeno 100mila meridionali (dati Svimez) si sono adeguati, a distanza di un anno dall’inizio della pandemia.

In Sicilia, associazioni come South working – Lavorare dal Sud o la start up pisana HeadQuarter Village, trovano terreno fertile per favorire il lavoro agile tra lavoratori e aziende, creando partnership tra amministrazioni locali e strutture pubbliche o private. Tra i vicoli di Cianciana, nell’Agrigentino, decine di lavoratori sono arrivati da 17 paesi trasformando il piccolo centro nel “paese degli smart worker internazionali”. Merito dell’amministrazione che qualche anno fa ha iniziato a vendere diverse abitazioni, a prezzi irrisori, per contrastare lo spopolamento dell’antico borgo. A Licata, l’ex consulente finanziario Angelo Sanfilippo, con un team di professionisti ha creato il “Make hub Licata”, grazie all’acceleratore Tim Wcap di Catania, chiedendo l’inserimento tra i presidi di comunità del progetto South working.

A Santo Stefano di Camastra, nel Messinese, con uno sguardo sulle isole Eolie, il Comune ha già messo uno spazio di coworking a disposizione nelle sale del Museo delle Ceramiche, e presto ne nascerà un altro. “Tre requisiti base per gli enti locali che mirano a diventare un presidio per chi lavora dal Sud – spiega la presidente dell’associazione South working, Elena Militello, che dall’estero è tornata a Palermo – : una buona connessione internet, un mezzo di trasporto che permetta di arrivare con facilità ad un aeroporto o ad una stazione con alte velocità, entro due ore, e almeno uno spazio di coworking pubblico o privato per i piccoli comuni, e uno per circoscrizione nelle grandi città”.

Dai centri più estesi ai piccoli e medi borghi. Sinergie con i ristoratori e gli organizzatori per il tempo libero. Destagionalizzazione, spazi funzionali all’interno di poli museali e sedi storiche, a pochi passi dal mare. Questi gli obiettivi del progetto South working, che raggiunge Trapani, Palazzolo Acreide, nel Siracusano e Castelbuono. Il comune madonita è uno dei primi presidi nelle aree interne d’Italia, con tre coworking e un ecosistema dedicato ai lavoratori da remoto. Una delle tre sedi è lo storico castello dei Ventimiglia, oltre al museo naturalistico all’interno di un suggestivo chiostro francescano e al Centro Polis, nelle stanze di una casa ottocentesca che si affaccia sulla storica piazza principale.

“South Working Castelbuono – spiegano dall’associazione – è un modello che accoglie il lavoro agile di ogni professionista: da chi è nativo di questi luoghi ma ha dovuto lasciarli per il Nord Italia e l’Europa, a chi ancora non conosce questo splendido borgo medievale dove tutto è raggiungibile a piedi, e vuole sceglierlo per trascorrere una parentesi di lavoro green”. Un sito web dedicato raccoglie gli elementi necessari per permettere agli utenti di pianificare la propria esperienza di lavoro: spazi coworking con un sistema wifi avanzato offerto da Fiber Telecom e un tool di prenotazione delle 20 postazioni disponibili, accoglienti strutture ricettive, ottimi ristoranti per la pausa pranzo e molte idee per il tempo libero. “Un occasione d’oro per il Sud per dimostrare le proprie capacità in fase di progettazione e di velocità di realizzazione, elevando la qualità dei servizi sia per la comunità locale che per i turisti, senza alcun investimento economico”, spiegano dal Comune. Sulle Madonie, con tanti progetti in cantiere, si muove anche Gangi, che ha aderito a HeadQuarter Village, la start up, che ha come obiettivo la valorizzazione dei borghi italiani.

Tornando nell’Agrigentino, da qui alla fine dell’estate, dovrebbe diventare un “HeadQuarter Village” anche Sambuca di Sicilia, con diverse strutture messe a punto dal Comune e una call di intermediazione che sarà lanciata a breve. La start up pisana è convinta che il paese belicino possa trasformarsi in una sede aziendale diffusa, sostenibile e resiliente. “Tra qualche giorno – dichiarano dalla start up – sarà online la vetrina di HQ Village, che presenterà Sambuca insieme ad altri comuni, come luogo ideale per fare smart working”. A seguire i proprietari immobiliari potranno registrare gratuitamente e senza esclusività le proprie case sulla vetrina. Un modo utile per valorizzare le seconde case o i fabbricati rurali non utilizzati.

“Una nuova opportunità per Sambuca a fianco dell’iniziativa delle case a 1 euro – spiega il vicesindaco e assessore alla cultura Giuseppe Cacioppo – affitti a medio termine trasformeranno le seconde case in uffici periferici dell’azienda per la quale l’ospite lavora. Il comune farà da tramite per stipulare convenzioni con ristoranti e bar, imprese di pulizie e supermarket, associazioni di sviluppo locale e cantine, tutti servizi indispensabili affinché il soggiorno sia il più gradevole possibile”. “Una nuova linfa per Sambuca, in un periodo di difficoltà – sottolinea il sindaco Leo Ciaccio – che consentirà l’arrivo nel nostro borgo, soprattutto in bassa stagione, di decine di lavoratori che potranno coniugare lavoro e vacanza in uno dei Borghi più Belli d’Italia”.
(Nella prima foto grande in alto uno spazio di coworking nel Castello di Castebuono – foto ccncastelbuono.com)