La semplicità dei rapporti che si instaura al largo è molto diversa rispetto alla terra. Come quella volta che incontrai una barca di svizzeri…
Sto rivedendo alcune foto fatte a mare e nel frattempo ascolto i notiziari.
Il mondo del mare e quello della terra, la mia terra, sono distanti anni luce. Ricordo una barca con bandiera svizzera: la prima volta la vidi all’ancora davanti alla spiaggia di Mondello, a poche centinaia di metri da me e da Horus.
L’indomani io salpai di buonora e dopo una quindicina di miglia andai ad ancorare a Piraineto, luogo meraviglioso ma fortunatamente sconosciuto ai più. Forse perché non ci sono marina e altre comodità del genere.
Nel tardo pomeriggio chi arriva? La barca degli svizzeri. Io riconosco loro e loro riconoscono me. Fatto è come non è, la sera ci si ritrova a cena in barca da me. Abbiamo parlato di mare, di esperienze, di paure e poi, dopo l’ultimo limoncello, questa coppia matura di svizzeri sale sul tender e torna in barca.
Che erano svizzeri lo dico io fidandomi della corrispondenza tra la loro nazionalità e la loro bandiera. Abbiamo parlato in inglese. In effetti, l’ultima cosa che a me interessava sapere era la loro nazionalità. E pensandoci bene, non ho mai saputo neppure i loro nomi. Ma so cosa pensano dello stato in cui è ridotto il Mediterraneo, del caro prezzi soprattutto in Sicilia e di come loro cucinano i pesci che disgraziatamente (per i pesci) abboccano alle loro lenze.
Continuo a sentire i notiziari alla radio e penso alla semplicità dei rapporti che si instaurano a mare: non ci sono differenze di nazionalità, di titoli di studio, di status sociale. Siamo persone e basta. Un po’ come quel padre che chiede al figlio piccolo piccolo se ci sono stranieri nella classe e il bimbo gli risponde candidamente di non saperlo: ci sono solo bambini.
Ecco, a mare ci sono solo persone. E forse per questo amo sempre meno la terra e sempre di più il mare.