“Scaccio”, un passatempo che viene da lontano

Calia e semenza, ovvero ceci abbrustoliti e semi di zucca, sono il cuore del cibo di strada siciliano, e scandiscono i tempi delle feste

Marcella Croce

Importante categoria del cibo di strada siciliano è il∫, principalmente “calia” (ceci abbrustoliti) e “semenza” (semi di zucca che possono essere con o senza sale): malgrado la natura indubbiamente popolare, nessun siciliano, a qualsiasi ceto sociale appartenga, disprezza del tutto questo “passatempo” di origine araba, che è comunissimo in tutto il Medio Oriente e consiste nello sgranocchiare il tutto e lasciare una lunga scia di piccole bucce dietro di sé.

Erano soprattutto i giorni festivi il tempo per lo “scaccio”, da consumarsi per strada, o dietro le persiane di casa propria, guardando gli altri impegnati nel “passìo” (dallo spagnolo paseo) domenicale. Giuseppe Pitrè nel suo “La vita in Palermo 100 e più anni fa” riferisce che alcuni dei conventi meno ricchi non potevano permettersi di elaborare dolci e si dedicavano alla fattura e alla vendita di un loro particolare scaccio. Le bancarelle di calia e semenza sono ancora molto comuni in Sicilia, nelle feste più importanti sono spesso decorate con belle pitture di soggetto cavalleresco, simili a quelle che decorano i celebri carretti siciliani, e la semenza, mischiata a sabbia, viene abbrustolita per strada in appositi calderoni alimentati a gas.

Nelle stesse bancarelle sono in vendita anche le castagne secche (dette “cruzziteddi” perché hanno proprio l’aspetto di “piccoli teschi”): un tempo, in due varietà più o meno dure, erano fra gli ingredienti di numerose ricette della cucina contadina e costituivano le “caramelle” dei bambini poveri. Nel periodo autunnale le castagne abbrustolite (o caldarroste) sono vendute da venditori specializzati forniti di apposite fornacelle. Sempre per strada, negli atri delle scuole, e persino sulle corriere in partenza per varie località, si vendevano un tempo i bomboloni, caramelle ottenute sciogliendo lo zucchero in acqua, facendolo raffreddare e stirando il composto con una lunga e laboriosa procedura.

Calia e semenza, ovvero ceci abbrustoliti e semi di zucca, sono il cuore del cibo di strada siciliano, e scandiscono i tempi delle feste

Marcella Croce

Importante categoria del cibo di strada siciliano è il∫, principalmente “calia” (ceci abbrustoliti) e “semenza” (semi di zucca che possono essere con o senza sale): malgrado la natura indubbiamente popolare, nessun siciliano, a qualsiasi ceto sociale appartenga, disprezza del tutto questo “passatempo” di origine araba, che è comunissimo in tutto il Medio Oriente e consiste nello sgranocchiare il tutto e lasciare una lunga scia di piccole bucce dietro di sé.

Erano soprattutto i giorni festivi il tempo per lo “scaccio”, da consumarsi per strada, o dietro le persiane di casa propria, guardando gli altri impegnati nel “passìo” (dallo spagnolo paseo) domenicale. Giuseppe Pitrè nel suo “La vita in Palermo 100 e più anni fa” riferisce che alcuni dei conventi meno ricchi non potevano permettersi di elaborare dolci e si dedicavano alla fattura e alla vendita di un loro particolare scaccio. Le bancarelle di calia e semenza sono ancora molto comuni in Sicilia, nelle feste più importanti sono spesso decorate con belle pitture di soggetto cavalleresco, simili a quelle che decorano i celebri carretti siciliani, e la semenza, mischiata a sabbia, viene abbrustolita per strada in appositi calderoni alimentati a gas.

Nelle stesse bancarelle sono in vendita anche le castagne secche (dette “cruzziteddi” perché hanno proprio l’aspetto di “piccoli teschi”): un tempo, in due varietà più o meno dure, erano fra gli ingredienti di numerose ricette della cucina contadina e costituivano le “caramelle” dei bambini poveri. Nel periodo autunnale le castagne abbrustolite (o caldarroste) sono vendute da venditori specializzati forniti di apposite fornacelle. Sempre per strada, negli atri delle scuole, e persino sulle corriere in partenza per varie località, si vendevano un tempo i bomboloni, caramelle ottenute sciogliendo lo zucchero in acqua, facendolo raffreddare e stirando il composto con una lunga e laboriosa procedura.

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