Rinascono sculture e installazioni tra le strade di Gibellina

Completato il recupero di nove opere che costellano il centro belicino, realizzate dagli artisti protagonisti della rinascita dopo il sisma del 1968

di Redazione

Un patrimonio diffuso di sculture e installazioni per un territorio che ha puntato sull’arte per rinascere. Completato il recupero di nove opere che costellano il centro abitato di Gibellina. Un progetto avviato dall’amministrazione comunale, che lo scorso luglio ha inaugurato il Mac, Museo d’arte contemporanea Ludovico Corrao. Il sisma che devastò il Belìce nel 1968, distrusse un territorio, la topografia, la mappa dei borghi abitati e nulla fu poi come prima. Gli artisti accorsero nel Belìce e Gibellina ritrovò un’anima diversa nel segno della bellezza.

“Scultura sdraiata” di Salvatore Cuschera

Ecco così recuperate alcune delle opere realizzate da quegli artisti, come “Senza titolo”, realizzata nel 1999 di Nino Mustica in vetroresina, che mostrava spaccature e lesioni; la “Ragnatela” di Arnaldo Pomodoro, elemento di scena in vetroresina anch’essa lesionata: entrambe, perfettamente restaurate, sono nello spazio antistante il Mac. E di Pomodoro è anche l’”Aratro per Didone”, altro elemento di scena in rame, ferro e tufo, realizzato nel 1986, aveva bisogno di un intervento. È stata completata la pulizia e ripristinata la “Macchina per ascoltare il vento” di Giovanni Albanese (1989), in rame, ferro, acciaio e vetro, ricollocata su una nuova base in pietra arenaria.

“Omaggio a Tommaso Campanella” di Mimmo Rotella

In piazza 15 Gennaio 1968 è stata restaurata l’”Omaggio a Tommaso Campanella”, opera del 1987 di Mimmo Rotella, ripristinando gli elementi cromatici quasi del tutto scomparsi. Infine è stata ripulita la “Scultura sdraiata” in ferro di Salvatore Cuschera, riposizionata sulla base originaria in pietra arenaria.

“Macchina per ascoltare il vento” di Giovanni Albanese

Già nel 2020, con i fondi comunali, erano stati recuperati e ripitturati (e ancorati saldamente al terreno) anche gli elementi in ferro della “Citta di Tebe”, realizzata da Pietro Consagra come grande elemento scenografico per l’Oedipus Rex di Jean Cocteau sulle musiche di Igor Stravinskij, portato in scena nel 1988 sui ruderi di Gibellina Vecchia. Sedici elementi plastici in ferro bianco monocromo che simbolicamente rappresentano i grandi oracoli posti a vegliare sulla città di Tebe. Recuperata e saldata nelle sue lesioni, la “Doppia Spirale” in ferro monocromo di Paolo Schiavocampo (1987), sistemata nel cuore del tessuto urbano di Gibellina in un dialogo armonioso con l’architettura de “Il Giardino segreto” di Francesco Venezia (1992) e le architetture delle abitazioni private. E da lontano, con le “Tensioni” di Salvatore Messina (1979) anch’essa recuperata da ruggine e lesioni.

“Macchina per ascoltare il vento” prima del restauro

“Crediamo che il patrimonio artistico sia fondamentale per lo sviluppo della città – interviene il sindaco di Gibellina, Salvatore Sutera – per questi interventi abbiamo utilizzato fondi comunali ma è necessario che le istituzioni regionali e nazionali ci aiutino e non ci lascino soli per i prossimi restauri necessari sulle opere”. “Stiamo curando il patrimonio artistico di Gibellina per restituirlo alle future generazioni come valore culturale, artistico, morale ed economico”, ha detto l’assessore comunale alla Cultura, Tanino Bonifacio. Con il contributo di Cantine Ermes Tenute Orestiadi – che già nel 2018 avevano collaborato al recupero dell’opera musiva “Natura morta” di Gino Severini – era stata restaurata “La freccia indica l’ombra di una freccia” di Emilio Isgrò. Con il lavoro della ditta Vito Evola di Alcamo si è intervenuti su ”Impronta” di Turi Simeti del 1979.

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