Circondata dal verde, a un passo da Aci San Filippo, si trova la settecentesca chiesa di Sant’Anna, da cui si gode un incantevole panorama che si perde nello Ionio
di Livio Grasso

Un gioiello alle pendici dell’Etna che si affaccia sullo Ionio. A un passo da Aci San Filippo, piccola frazione di Aci Catena, si trova l’eremo di Sant’Anna. Una chiesa molto amata dai catanesi, da cui si gode un incantevole panorama che si perde nel mare. Le fonti storiche tramandano che il complesso, arroccato sul ciglio di una faglia, è stato fondato da fra’ Rosario Campione nel 1751. Immersa in una rigogliosa area verdeggiante, in passato ha dato vita anche a un’importante comunità agricola, realizzata dai frati Gioacchino Maugeri e Giovanni Battista Strano.

L’interno dell’edificio religioso ospita la tomba di fra’ Rosario, finemente decorata da tre pannelli che raffigurano gli episodi più significativi della sua vita: la costruzione della cisterna per la raccolta delle acque piovane, l’apparizione della Madonna e il momento della sua morte. Le scene riportate simboleggiano la grande laboriosità del frate nel corso della vita terrena e la devozione che ha nutrito verso Dio e la Madonna. La sua lapide, fino ad oggi meta di pellegrinaggio, è custodita dentro la chiesa e può essere visitata solo tre volte l’anno. Come racconta don Enzo, rettore dell’eremo, “l’urna viene aperta al pubblico il 26 luglio, giorno della festa di Sant’Anna, l’8 novembre, anniversario della nascita di fra’ Campione e, infine, il 10 dicembre, data della sua morte”.
Ricca di decorazioni parietali è anche la navata centrale dell’edificio, abbellita dalle tele che raffigurano alcuni santi eremitici, tra cui Santa Margherita da Cortona, San Zosimo e Santa Maria Egiziaca. Di grande pregio anche l’opera pittorica che rappresenta “Sant’Anna, la Madonna e il Bambino”, attribuita a Pietro Paolo Vasta, sebbene, alcuni studiosi d’arte, credano sia stata realizzata da Alessandro Vasta, figlio del grande artista.

Sul pavimento si può ammirare, invece, lo stemma episcopale di monsignor Salvatore Ventimiglia, ordinato vescovo di Catania nel 1757, che finanziò l’opera di pavimentazione in ceramica di Caltagirone. Sappiamo che è rimasto poco e nulla del primo esemplare ceramico, sostituito da un altro materiale della stessa fattura intorno alla metà del Novecento. Nelle vicinanze dell’eremo, inoltre, sono state girate alcune scene di due film: “Don Giovanni in Sicilia”, diretto da Alberto Lattuada, tratto dal romanzo di Vitaliano Brancati, e “Storia di una Capinera” di Franco Zeffirelli, ispirato all’omonimo romanzo di Giovanni Verga.

L’immensa distesa alberata, curata nei minimi dettagli, è una vera e propria oasi che mescola natura e sacralità. L’estensione territoriale dell’eremo è di circa 25mila metri, ciò impone un’assidua manutenzione che richiede la collaborazione di molte mani per garantirne bellezza, salubrità e decoro. Come spiega don Giuseppe D’Aquino, sacerdote che vive all’interno dell’eremo, “in questo luogo sacro è possibile trovare pace, serenità e benessere interiore. Meraviglioso rifugio di contemplazione e preghiera. Il nostro compito è preservare l’integrità di questa immensa area affinché possa sempre brillare nel suo splendore”.
(Nella prima immagine grande in alto, la chiesa ripresa dal drone. Foto da un video di Heli-lab)