Dopo un’odissea durata anni, i lavori di ristrutturazione nell’ex Istituto Roosevelt, a Palermo, inizieranno subito dopo la fine dell’emergenza sanitaria
di Maria Laura Crescimanno

L’ex Istituto Roosevelt, il complesso sul mare dell’Addaura, è uno di quegli spazi inutilizzati della città, che il mondo sarebbe pronto ad invidiarci per la splendida posizione rivolta al mare tra Palermo e la spiaggia di Mondello. La sua storia e perfino l’origine del nome sono quasi sconosciuti a molti palermitani. Il centro nasce nel Dopoguerra come colonia per gli orfani di guerra, dopo diviene il Cantiere navale Roma, ed in seguito viene affidato ai Padri vocazionisti. L’Istituto Roosevelt fu inaugurato nel 1948 da Giuseppe Saragat, vice presidente del Consiglio dei Ministri, un regalo dell’amministrazione americana dedicato all’istruzione dei figli dei lavoratori italiani morti in guerra. Da tempo, l’intenzione del governo regionale è di trasformare l’ex istituto in un centro di eccellenza del mare, un’odissea che finalmente vedrà nei prossimi mesi la luce.

La gara d’appalto sarà infatti aggiudicata in via definitiva tra qualche mese ed i cantieri riapriranno ad emergenza Covid conclusa, spiegano all’assessorato regionale dei Beni Culturali. Negli anni, Sebastiano Tusa, accanto a molte associazioni cittadine che volevano realizzare un parco urbano lungo tutta la costa palermitana, aveva lanciato diversi appelli perché si procedesse al risanamento dei locali abbandonati e saccheggiati. Nel 2014, si raggiunse un primo protocollo d’intenti tra la Regione ed i principali istituti di ricerca per individuarlo come sede strategica per il progetto ambizioso di un polo di ricerca da dedicare al mare. Il progetto del centro di eccellenza del Roosvelt incappa tuttavia subito in incredibili pastoie burocratiche, tra assegnazione di spazi e sequestri e dissequestri.

“Ma la storia della palazzina del Roosevelt, dove oggi la Soprintendenza lavora – spiega la sovrintendente del Mare, Valeria Li Vigni – dei suoi restauri ed adeguamenti a laboratori di ricerca, era un punto fisso nella futura programmazione di Sebastiano Tusa, che nonostante le vicende burocratiche e gli ostacoli, riuscì a farsi consegnare, dall’allora assessore del Territorio, il piano terra per lo svolgimento delle attività di archeologia subacquea. Il progetto di ristrutturazione non andò subito in gara, ma lui come era nel suo stile, continuò la battaglia, che ora si può dire vinta e conclusa”.

Soltanto nel 2013 viene risolta l’assegnazione dei locali da parte del demanio marittimo della Regione Siciliana, sottoscritto poi nell’estate 2014 per l’istituzione di un Polo di eccellenza per la tutela ambientale e culturale del Mediterraneo, attraverso un protocollo d’intesa tra i molti partner coinvolti. Il progetto viene riformulato e presentato nuovamente dalla Soprintendenza del Mare sul Fondo di Sviluppo e Coesione 2014/2020 “Patto per la Sicilia” e per un importo di 2.200.000 euro, per il biennio finanziario 2019 – 2020. Prevede il restauro del piano terra del padiglione Tresca, il rifacimento degli impianti e l’arredo degli uffici e dei laboratori. Soltanto oggi a distanza di 20 anni, finalmente si chiude il cerchio con la prossima apertura dei cantieri per i lavori di ristrutturazione, quando l’emergenza da epidemia Covid sarà superata.

Il centro sarà dotato di attrezzature e locali idonei alla documentazione dei beni culturali subacquei, al loro studio, al restauro e alla ricerca in alto fondale. La struttura sarà anche un punto di riferimento per gli studiosi, le università, gli istituti di ricerca e si doterà di un nuovo Sistema informativo territoriale per la gestione e lo studio dei beni sommersi. Il Centro, oltre agli uffici, comprenderà aule multimediali, una sala congressi e laboratori per la ricerca. Le attività saranno rivolte anche alla formazione esterna, con l’organizzazione di corsi specialistici. È previsto anche lo sviluppo delle ricerche subacquee in alto fondale con l’acquisto di strumentazioni tecnologiche per le indagini profonde.