Nuove scoperte a Himera, tra feste e terremoti

Ritrovate tracce di un santuario con tre altari dedicati alla preparazione dei cibi e segni di un sisma avvenuto in epoca tardo antica

di Antonio Schembri

Il patrimonio archeologico siciliano si arricchisce di altre piccole ma rilevanti novità. Stavolta arrivano dall’area dell’antica Himera, la colonia greca situata nell’area dell’odierna Campofelice di Roccella, a 6 chilometri da Termini Imerese e a 19 da Cefalù. Alle vestigia di questa pòlis – le cui origini risalgono alla metà del VII secolo avanti Cristo, definita da Eschilo come “la città dagli alti dirupi” per il suo particolare impianto urbanistico distribuito tra il piano costiero solcato dall’omonimo fiume (dove sorse la città bassa), il Piano Lungo e il Piano del Tamburino (dove si estendeva la città alta), nonché sui pendii intermedi – si aggiunge adesso il recente ritrovamento di un santuario con tre altari e i relativi oggetti votivi, soprattutto vasi di terracotta decorati.

Un momento della presentazione degli scavi

La particolarità di questo risultato, frutto dell’ultima di otto campagne di scavi che il Parco archeologico di Himera ha portato avanti con la collaborazione dell’Università di Berna, sta anzitutto nell’area in cui è stato ottenuto: proprio quella superiore della città, dove, sebbene non ci siano fonti storiche a confermarlo, un forte terremoto avrebbe sconvolto l’assetto urbanistico, spostando all’esterno parte delle mura.

Ricostruzione dell’antica Himera

“Questa operazione ha riguardato un’area che si estende per almeno 40 dei complessivi 100 ettari di Himera su un pianoro panoramico situato circa 100 metri sopra il livello del mare”, illustra Francesca Spatafora, dallo scorso giugno alla direzione della struttura che, con il recente riordino degli archeo-parchi siciliani, è stata accorpata con altre due importanti aree della Sicilia antica, come il sito punico di Solunto e quello del Monte Iato, insieme con altri siti più piccoli, quali i centri indigeni di Marineo e di Roccamena e il villaggio preistorico di Ustica. “Si tratta – aggiunge Spatafora – di un risultato che pone le ragioni di ulteriori scavi in aree limitrofe e approfondimenti su quelli conclusi di recente. Possiamo intanto dire che in questa zona di Himera ci fossero almeno due aree sacre”. Più nel dettaglio “oltre al vasellame, sono stati portati alla luce anche spazi con ogni probabilità dedicati alla preparazione dei cibi per le feste religiose”. D’ora in avanti– sottolinea – “occorrerà approfondire le ricerche per accertare se quest’area abbia avuto una cinta muraria sua propria oppure rientrasse in quella dell’abitato della città alta, modificata dal sisma”.

La presentazione della campagna di scavi a Himera

Attualmente Himera, patria del poeta Stesicoro e di atleti vincitori ai Giochi Olimpici, viaggia su numeri ben inferiori alle sue potenzialità sul fronte del turismo culturale. Situazione legata alla raggiungibilità dell’area archeologica soltanto con un mezzo proprio: stando ai dati del 2018 il flusso dei visitatori non ha superato le 5.400 presenze, riscontro in buona parte legato agli accessi delle scolaresche e, comunque, “cresciuto del 10 per cento rispetto all’anno precedente”, puntualizza Spatafora.

Reperti all’Antiquarium di Himera

Nel processo di riorganizzazione del Parco si fa strada adesso anche l’idea di attivare specifiche navette turistiche, collegate alle stazioni di Termini Imerese, a 6 chilometri dal sito e di Cefalù. Si tratterebbe – rimarca la direttrice – “di uno strategico diversivo all’interno del percorso arabo-normanno che unisce Palermo alla cittadina del duomo voluto da Ruggero II”. Il valore culturale di questo parco archeologico poggia anzitutto sulla struttura monumentale del Tempio della Vittoria, esempio di architettura dorica edificato per celebrare l’esito della battaglia di Himera contro i Cartaginesi (di cui restano il basamento e la parte inferiore del suo sistema di colonne). Ma a aumentare l’importanza ci sono anche due poli espositivi: il museo Pirri Marconi, a fianco del tempio, realizzato tre anni fa con fondi europei all’interno di un caseggiato rurale e l’Antiquarium, costruito nel 1984 su progetto di Franco Minissi, tra i più importanti esperti di adattamento di antichi edifici all’utilizzo museale. “Una struttura complessa, quindi, che – dice Spatafora – difficilmente si riscontra in altre aree archeologiche del sud Italia. E che speriamo di arricchire anche con un terzo piccolo museo, dedicato alla Battaglia di Himera”.

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