Nuova Presenza, l’esproprio proletario in libreria

Per quasi 20 anni nella sua enorme sede liberty di via Albanese è passata tutta la città, soprattutto quella di “sinistra”. E c’era chi praticava il “free take away”

di Mario Pintagro

Era la più grande libreria di Palermo ed anche la più innovativa. Si chiamava “Nuova Presenza” ed era in via Enrico Albanese. Un nome dalla forte connotazione ideologica, mutuato dall’iniziale centro di ricerche estetiche. Siamo nel ’70, a Palermo è arrivata la contestazione studentesca, ed è tutto un fiorire di iniziative. Dibattiti, cineforum, occupazioni. E’ in questo quadro che apre la libreria, ospitata al piano terra di un palazzo liberty disegnato da Ernesto Basile, al cui ultimo piano abita il futuro vicequestore Ninni Cassarà. Si comincia con pochissimo, una stanza appena. Ma a poco a poco i vani aumentano, due, tre, quattro, fino a diventare diciassette. E’ lo spazio occupato da due appartamenti. Arredamento minimalista e in linea con la cultura del tempo. Componibili chiari di forma cubica sovrapposti, che fanno anche da piano d’appoggio. Ad aprire le porte di quel grande universo cartaceo sono Bartolomeo Manno e Calogero Gennaro. Quest’ultimo possiede l’agenzia libraria Di.li.as. e distribuisce i prodotti di Editori Riuniti, Boringhieri e Leonardo. Il sodalizio tra i due non dura molto, sarà poi Manno a tenere le redini di quella che diventerà la libreria più giovanile e frequentata della città. Non solo libreria, ma anche fucina di artisti e intellettuali. In libreria si incontrano il fondatore di Godranopoli, Francesco Carbone e il talentuoso Nicolò D’Alessandro, Michele Canzoneri e Filippo Panseca, futuro scenografo delle architettura craxiane. E’ il luogo prediletto dalla sinistra palermitana. Una libreria che abbatte gli schemi, in cui entrare, consultare liberamente i libri, magari leggerli fino in fondo, tanto, i proprietari chiudono un occhio. “E’ stato un bene enorme – ricorda Piero Onorato, che da quella libreria cominciò la sua carriera di libraio – io avevo diciott’anni e lavoravo all’Hotel delle Palme, ma colsi subito la sfida per dedicarmi a Nuova Presenza. Librerie ce n’erano tante a Palermo e la città era sicuramente più colta di adesso. Quella libreria era a settori, con i libri in bella vista. Fu la prima a favorire l’accesso alla lettura, si inventò la vendita rateale, senza gravare di interessi l’acquirente. Nessuno di noi era libraio, il mestiere lo abbiamo inventato giorno per giorno.”
Ma Nuova Presenza era anche la libreria in cui molti praticavano l’esproprio proletario, c’era il cosidetto “free take away”. Impossibile controllare diciassette stanze con due accessi distanti fra loro, senza sistemi antitaccheggio. Qualcuno, nelle stanze del Pci di corso Calatafimi, si inventò un termine che non aveva bisogno di giri di parole: “sinistra tappista”, per indicare quei compagni che rifilavano fregature, rubando ad altri compagni. Non bisogna stupirsi se oggi da Feltrinelli succede spesso che la gente sia fermata all’uscita della libreria con sottobraccio libri rubati. Il pubblico della Feltrinelli è in buona parte quello di Nuova Presenza. La libreria di Manno andò forte fino ai primi anni ’80. Nell’agosto dell’85 c’è il cambio di società e la nuova impresa non si avvale più di Piero Onorato. Nell’autunno apre Feltrinelli in via Maqueda e trova un mercato già pronto e sensibile, è proprio quello di Nuova Presenza. La nuova società che eredita il vecchio marchio degli anni ’70 tenta di reggere al cambiamento, si trasferisce in via Archimede. Non dura molto. I tempi cambiano, e con essi i gusti dei lettori e dei clienti e per Nuova Presenza, nei primi anni ’90, arriva mestamente l’ora della fine. Oggi il suo fondatore, Bartolomeo Manno, dipinge quadri con il nome di Bartman.

Per quasi 20 anni nella sua enorme sede liberty di via Albanese è passata tutta la città, soprattutto quella di “sinistra”. E c’era chi praticava il “free take away”

di Mario Pintagro

Era la più grande libreria di Palermo ed anche la più innovativa. Si chiamava “Nuova Presenza” ed era in via Enrico Albanese. Un nome dalla forte connotazione ideologica, mutuato dall’iniziale centro di ricerche estetiche. Siamo nel ’70, a Palermo è arrivata la contestazione studentesca, ed è tutto un fiorire di iniziative. Dibattiti, cineforum, occupazioni. E’ in questo quadro che apre la libreria, ospitata al piano terra di un palazzo liberty disegnato da Ernesto Basile, al cui ultimo piano abita il futuro vicequestore Ninni Cassarà. Si comincia con pochissimo, una stanza appena. Ma a poco a poco i vani aumentano, due, tre, quattro, fino a diventare diciassette. E’ lo spazio occupato da due appartamenti. Arredamento minimalista e in linea con la cultura del tempo. Componibili chiari di forma cubica sovrapposti, che fanno anche da piano d’appoggio. Ad aprire le porte di quel grande universo cartaceo sono Bartolomeo Manno e Calogero Gennaro. Quest’ultimo possiede l’agenzia libraria Di.li.as. e distribuisce i prodotti di Editori Riuniti, Boringhieri e Leonardo. Il sodalizio tra i due non dura molto, sarà poi Manno a tenere le redini di quella che diventerà la libreria più giovanile e frequentata della città. Non solo libreria, ma anche fucina di artisti e intellettuali. In libreria si incontrano il fondatore di Godranopoli, Francesco Carbone e il talentuoso Nicolò D’Alessandro, Michele Canzoneri e Filippo Panseca, futuro scenografo delle architettura craxiane. E’ il luogo prediletto dalla sinistra palermitana. Una libreria che abbatte gli schemi, in cui entrare, consultare liberamente i libri, magari leggerli fino in fondo, tanto, i proprietari chiudono un occhio. “E’ stato un bene enorme – ricorda Piero Onorato, che da quella libreria cominciò la sua carriera di libraio – io avevo diciott’anni e lavoravo all’Hotel delle Palme, ma colsi subito la sfida per dedicarmi a Nuova Presenza. Librerie ce n’erano tante a Palermo e la città era sicuramente più colta di adesso. Quella libreria era a settori, con i libri in bella vista. Fu la prima a favorire l’accesso alla lettura, si inventò la vendita rateale, senza gravare di interessi l’acquirente. Nessuno di noi era libraio, il mestiere lo abbiamo inventato giorno per giorno.”
Ma Nuova Presenza era anche la libreria in cui molti praticavano l’esproprio proletario, c’era il cosidetto “free take away”. Impossibile controllare diciassette stanze con due accessi distanti fra loro, senza sistemi antitaccheggio. Qualcuno, nelle stanze del Pci di corso Calatafimi, si inventò un termine che non aveva bisogno di giri di parole: “sinistra tappista”, per indicare quei compagni che rifilavano fregature, rubando ad altri compagni. Non bisogna stupirsi se oggi da Feltrinelli succede spesso che la gente sia fermata all’uscita della libreria con sottobraccio libri rubati. Il pubblico della Feltrinelli è in buona parte quello di Nuova Presenza. La libreria di Manno andò forte fino ai primi anni ’80. Nell’agosto dell’85 c’è il cambio di società e la nuova impresa non si avvale più di Piero Onorato. Nell’autunno apre Feltrinelli in via Maqueda e trova un mercato già pronto e sensibile, è proprio quello di Nuova Presenza. La nuova società che eredita il vecchio marchio degli anni ’70 tenta di reggere al cambiamento, si trasferisce in via Archimede. Non dura molto. I tempi cambiano, e con essi i gusti dei lettori e dei clienti e per Nuova Presenza, nei primi anni ’90, arriva mestamente l’ora della fine. Oggi il suo fondatore, Bartolomeo Manno, dipinge quadri con il nome di Bartman.

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