Le liti ereditarie dei Tomasi, il testamento e i beni perduti

di Redazione

Sessant’anni dopo il capolavoro di Luchino Visconti e 65 dopo il romanzo, Il Gattopardo non smette di appassionare, mentre la storia di Giuseppe Tomasi appare ancora leggendaria e mitica. A mostrare un inedito testamento della famiglia Tomasi e ricostruire la lite legale della durata 65 anni è stato lo storico Salvatore Savoia nella biblioteca di Casa Professa, in occasione della seconda edizione del Genio di Palermo, il festival organizzato dalla Fondazione Le Vie dei Tesori, insieme all’Università di Palermo.

L’incontro alla biblioteca di Casa Professa

Una battaglia legale andata avanti dal 1885 al 1950, con una risoluzione giunta quando delle ricchezze della famiglia non esisteva più nulla e lo scrittore Giuseppe Tomasi si ritrovò povero, senza neanche i soldi per comprare un soprabito e partire con il cugino, il poeta Lucio Piccolo, alla volta di San Pellegrino Terme.

Nel corso dell’incontro, Savoia ha mostrato i documenti legali con l’elenco dei (pochissimi e miseri) possedimenti che giunsero a Tomasi, ma anche altre lettere, fascicoli, biglietti, persino la ricevuta per l’imbalsamazione di un enorme Terranova che è probabilmente lo spunto da cui nacque Bendicò, il cane che affiora dal Gattopardo.

Il testamento dei Tomasi

Savoia ha tratteggiato così la figura di un “genio” inconsapevole del suo valore, un uomo silenzioso, ritirato, che ben poco possedeva dell’aura nobiliare e della ricchezza dei suoi avi. “Come da questo contesto di difficoltà, – sottolinea Savoia – anche con gravi crisi economiche, Tomasi sia stato capace di scrivere una delle opere più belle della letteratura italiana del Novecento, rimane un mistero”.

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