Duecento anni fa moriva a Roma il pittore neoclassico, massone, patriota e giacobino, amante delle donne e brillante schermidore
di Guido Fiorito

Il 16 febbraio 1821, duecento anni fa, moriva a Roma il pittore trapanese Giuseppe Errante, un protagonista dello stile neoclassico. Fu un personaggio vivace: massone, patriota e giacobino, amante delle donne e brillante maestro di scherma. Di conseguenza ebbe vita avventurosa, che lo portò a errare (nomen omen) a Milano, Roma e Napoli. La sua produzione, di valore discontinuo ma con vette notevoli, è stata in parte dispersa e questo non ha aiutato il persistere di una fortuna critica che era massima al momento della morte.

Il funerale fu fatto in pompa magna nella chiesa di San Salvatore in Onda a Roma, dove fu seppellito. Tre anni dopo l’erudito e amico Francesco Cancellieri dava alle stampe le sue memorie raccolte in vita. Errante teneva molto alle sue radici, tanto da dire al biografo: “Vi prego di mettere il solo titolo di Giuseppe Errante trapanese, che è al di sopra di tutti gli altri titoli che mi sono stati conferiti”.
Figlio di un calzolaio, Giuseppe pure lui, e di Paola D’Alessandro, aveva mostrato da bambino talento per la pittura tanto da essere mandato a Palermo prima a scuola alla bottega di padre Fedele da San Biagio e poi a quella di Gioacchino Martorana, spadaccino e libertino, assorbendo, da quest’ultimo, oltre all’arte dei pennelli, anche i comportamenti. Dopo una parentesi di ritorno a Trapani, sarà a Roma e a Civitavecchia dove affresca la cupola ellittica della chiesa dell’Orazione e Morte, con gusto rococò, oggi in parte rovinata. L’affresco di palazzo Altieri a Roma sul tema Nozze di Amore e Psiche segna il passaggio dallo stile barocco a canoni neoclassici. Obbligato dai parenti, è costretto a sposare, forse per procura, Giuseppina Vultaggio, una ragazza che ha compromesso a Trapani.

Chiamato a Napoli dal re Ferdinando IV, al quale dona un quadretto con Leda con Giove trasformato in cigno, e poi da Gioacchino Murat per dipingere alla reggia di Caserta, ottiene l’istituzione di una scuola di pittura a Trapani, ma poi è costretto a fuggire per le repressioni anti-giacobine. Si imbarca ma viene derubato e gettato in mare dove si salva raggiungendo a nuoto la costa. Fuggirà ancora sotto il falso nome di Giuseppe Pellegrino “maestro di spada e dilettante di antiquaria pittorica”.
Nel 1795 è a Milano, dove, dieci anni dopo, con l’arrivo di Napoleone, può partecipare con una ventina di tele a una mostra alla esposizione a Brera. Una, raffigurante il conte Ugolino con i suoi figli nella torre, piace all’imperatrice Giuseppina, che chiede di conoscerlo. Il quadro, di cui rimane un’incisione, si è perduto. A Milano, Errante dipinge più di cento opere, la maggior parte disperse, su temi di contenuto mitologico e allegorico. È, inoltre, un ritrattista molto bravo e ricercato. Un esempio il bel quadro della nobile Francesca Ghirardi Lechi, raffigurata con la figlia Carolina. Si tratta della bellissima Fanny di cui Stendhal scrisse che aveva “i più begli occhi di Brescia”. Celebre un altro suo ritratto di Andrea Appiani, tra i pittori preferiti di Napoleone.

“Dipinse molti ritratti di generali francesi e alcune opere sono finite oltre le Alpi”, dice il professore Salvatore Valenti, che ha ricostruito, in un libro del 2011, la vita e le opere di Errante; quattro anni di studi, con il ritrovamento in archivi di molti documenti. A Milano il pittore fa anche il maestro di scherma e la sala è frequentata dal generale Massena, di cui fa il ritratto (perduto). Due suoi allievi, Grisetti e Rosaroll-Scorza, scrivono nel 1803 un fondamentale trattato, che dedicano ad Errante, dove per la prima volta si fondono gli insegnamenti schermistici delle varie scuole italiane. Dopo la restaurazione, fugge a Roma dove nel 1817 pubblica un saggio sui colori “per il vantaggio della gioventù siciliana”. Muore a 61 anni. Tanti perché era di salute cagionevole e i medici che lo curavano da bambino avevano affermato che non sarebbe arrivato a quindici.
“Mi dispiace – dice Valenti, presidente dell’Associazione per la tutela delle tradizioni popolari trapanesi – che non sia stato organizzato niente per l’anniversario, complice anche la pandemia. Sogno che un giorno possa essere allestita una mostra a lui dedicata al museo Pepoli con le opere sparse per il mondo”. Nel 2010, nell’occasione dei duecentocinquanta anni della nascita, venne fatto un annullo postale e a fine 2011 organizzata una mostra dei suoi quadri delle collezioni del Pepoli. La chiesa di San Giuseppe, in via Garibaldi, ospita una tela di Errante che raffigura la morte del santo.

“A Trapani – continua Valenti – ci sono molte opere nascoste in collezioni private che non è facile far emergere. A quelle giovanili si sono unite quelle portate dalla seconda moglie Matilde Gattarelli che si trasferisce a Trapani dopo la morte del marito, cedendole al municipio in cambio di un vitalizio. Di alcune opere si sono perse le tracce, compreso il ritratto di Errante dipinto dal Mazzarese”. Matilde fece erigere un monumento sepolcrale in memoria del marito, realizzato dallo scultore palermitano Leonardo Pennino, nella navata destra della Chiesa di San Lorenzo di Trapani. Il pittore non aveva dimenticato le sue origini, era stato lui, a chiedere alla moglie, nelle ultime volontà, di riportare nella città natale le sue opere.