Il messinese Nunzio Bruno ha raggiunto la vetta dell’Ojos del Salado, a quasi settemila metri tra Cile e Argentina, una delle tappe di un progetto dedicato alla madre che soffre di Sla. Adesso punta all’Himalaya
di Marco Russo

La bandiera della Sicilia sventola su una delle montagne più alte del mondo. Ad averla portata a un passo dal cielo è Nunzio Bruno, scalatore messinese che ha raggiunto la vetta dell’Ojos del Salado, tra Cile e Argentina, il re dei vulcani, il più alto della Terra con i suoi 6.891 metri. L’avventura tra ghiaccio e neve, è una delle tappe del progetto “In cima con ME”, che Bruno, 42enne guida escursionistica, ha voluto dedicare alla madre che soffre da alcuni anni di Sla.

“Ho rischiato tanto ma il pensiero di dovercela, ma forse non potercela, fare è stato più forte e mi ha salvato – racconta l’alpinista siciliano -. Questa scalata, a differenza di altre, è molto selvaggia, nel percorso iniziale non esistono né strutture né campi, nessun tipo di aiuto dunque (siamo all’interno di un deserto dove non si trova nulla per più di 5 ore di jeep) una spedizione all’antica. All’inizio eravamo in quattro, due guide e un ragazzo proveniente dal Kuwait, che ha abbandonato dopo un’ora”.

Una scalata estrema, che ha messo a dura prova la salute dell’escursionista messinese, tra raffiche di vento, ghiaccio e neve fresca fino al ginocchio. “Più volte ho pensato di mollare – prosegue nel racconto Bruno -, a circa 100 metri dalla vetta ho cercato di velocizzare, avevo una tosse fortissima e respiravo male. Arrivato in vetta respiravo a malapena, la guida ha riscontrato in me un principio di edema polmonare, ho preso subito una pillola e, tempo di lasciare in cima la bandiera siciliana, che porto sempre con me, sono sceso immediatamente per evitare conseguenze più gravi, ho anche lasciato lo zaino così da essere più leggero, poi recuperato da chi era con me”.
Dopo l’impresa sull’Ojos del Salado, Bruno sta recuperando le condizioni fisiche per la affrontare al meglio la prossima tappa. Fatti i controlli medici in Argentina, dove si trova adesso, mente e corpo sono rivolti ancora più in alto, sulle vette dell’Himalaya, anche se ancora non c’è una data fissata per la nuova scalata.

Poche settimane fa, invece, l’alpinista aveva tentato un’altra impresa prevista nel suo tour, cioè la salita sull’Aconcagua (6.961 metri), una delle sette montagne più alte del pianeta, che si trova in Argentina, sempre sulla cordigliera delle Ande e non lontano dall’Ojos. “Purtroppo è andata male – spiega Bruno – perché poco dopo essere partiti da ‘Nido de condores’, campo a 5.350 metri sono scivolato perdendo un bastone sinistro, un rampone sinistro e un guanto, malgrado gli sforzi per arrivare sino a 6.600 metri ho dovuto in seguito abbandonare poiché, essendo da lì in poi tutto ghiacciaio, avrei rischiato sicuramente di cadere, pensando al perché ero lì e alla mia famiglia e persone care ho deciso di scendere, come insegnano i grandi alpinisti Moro e Messner. La montagna e la vita vanno rispettati”.

Tornando sull’iniziativa “In cima con ME”, Bruno spiega: “È una sfida con me stesso, ma ha un grande valore sociale perché poniamo l’attenzione sulle malattie neurodegenerative di cui soffrono molte persone, e se ne parla poco – sottolinea lo scalatore -. Il crowdfunding, attivato sul web per sostenere la missione, raccoglierà fondi da destinare anche alla ricerca scientifica e speriamo di ricevere donazioni da ogni parte del mondo, sensibile all’argomento”.
E le congratulazioni per l’ultima impresa dello scalatore sono arrivate anche dal governatore siciliano Renato Schifani. “In un’eccezionale e difficile impresa sportiva connessa a un progetto di ricerca scientifica a sfondo sociale – ha detto – , Bruno ha voluto portare la bandiera della Sicilia sulla cima del vulcano più alto del mondo. Si tratta di una nuova, importante dimostrazione di come i siciliani siano capaci di interpretare sullo scenario internazionale i valori dello sport. Ci auguriamo possa riprendersi presto dall’estenuante prova fisica, a lui va tutta la nostra ammirazione”.