Uno scontro aspro tra studiosi che finì a carte bollate sull’aspetto della chiesa in epoca medievale. Al centro della contesa un antico sigillo che alludeva all’esistenza di una grande calotta emisferica sopra il monumento
di Ruggero Altavilla

Una cupola emisferica sopra la Cattedrale di Palermo, simile a quella della chiesa della Martorana, ma ben più grande. È l’ipotesi al centro di una vivace polemica tra addetti ai lavori, che ebbe il suo culmine negli anni Trenta del secolo scorso. Uno scontro aspro che finì a carte bollate tra studiosi, ricostruito da Piero Genova, medico appassionato della storia della città, in un post pubblicato nel gruppo Facebook “Palermo di una volta”, contenitore di storie e immagini d’epoca.

Tra i più accesi sostenitori dell’esistenza di una cupola medievale che nell’11esimo secolo si elevava sopra la Cattedrale di Palermo – scrive Genova – era monsignor Enrico Perricone, canonico della stessa chiesa, e Francesco Valenti, allora soprintendente ai monumenti della Sicilia. Dall’altra parte, fermamente contrari gli studiosi Antonio Zanca e Nino Basile. Al centro della contesa un antico sigillo (“un bollo plumbeo”) che alludeva all’esistenza della cupola, su cui Perricone e Valenti avevano costruito la loro tesi, ma ritenuto “appositamente alterato” invece da Zanca e Basile.

“Il Valenti – scrive Genova nel post – era arrivato a proporre l’abbattimento dell’attuale cupola del Fuga e la costruzione, al suo posto, di una cupola simile a quella presupposta dal sigillo. Il dibattito si accese a tal punto da provocare una querela e una controquerela tra il Basile ed il Valenti”. Sulla vicenda è intervenuto in tempi relativamente recenti anche Rodo Santoro, architetto, storico e saggista, che nel suo libro “Palermo” – citato da Piero Genova – pur dando ragione a chi negava l’esistenza della cupola, sottolinea che “Valenti non sia andato troppo lontano nell’intuire il tipo di cupola che i costruttori della cattedrale dovevano aver previsto per coprire il centro del santuario. Questa – scrive Santoro – non poteva che essere una cupola a calotta emisferica, impostata su un tamburo ottagonale che si sviluppava dai quattro pennacchi ancora esistenti nella chiesa prima delle demolizioni del 1781-1801. Le prove di questa predisposizione sono rilevabili chiaramente in alcune incisioni che raffigurano l’interno della Cattedrale e che mostrano, appunto, l’esistenza dei pennacchi e del tamburo”.

Le incisioni in questione – prosegue Genova nel suo post – sono di Antonino Grano, del 1689, e di Antonino Bova, del 1760. La cupola sarebbe stata, quindi, “tipologicamente del tutto simile a quella della chiesa dell’Ammiraglio, ma ben più grande in proporzione, cioè con le dimensioni della Cattedrale”. Ciò la rendeva certamente di più difficile realizzazione tecnica: è assai probabile che soltanto in Oriente esistessero all’epoca costruttori capaci di voltare cupole di quella grandezza. Una difficoltà che potrebbe essere stata determinante, nel caso di Palermo ma anche di Monreale, ma non l’unica: “Bisogna anche pensare – prosegue Santoro – che la cupola era l’ultima cosa che si sarebbe costruita, nel corso dei lavori. E cioè quando le ingenti spese sostenute, sia da Guglielmo che da Gualtiero, avevano già essiccato i rispettivi, mitici ‘tesori’”.

“Si decise probabilmente di soprassedere, poi di rinunciare, – aggiunge Santoro – sostituendo le rispettive cupole con coperture a tetto, che negli anni successivi divennero definitive. È facile pensare, a questo punto, che se tali cupole fossero state realizzate l’aspetto che ne sarebbe conseguito per i due edifici sarebbe stato notevolmente diverso. Ed inoltre tali chiese, dal punto di vista strutturale e spaziale, avrebbero rappresentato molto di più di ciò che non rappresentino oggi nella storia dell’evoluzione dello spazio architettonico italiano dell’epoca”.

Ma nel suo post, Piero Genova aggiunge che “l’ingegner Zanca, oppositore del Valenti sull’esistenza della cupola medievale, era comunque tra i sostenitori di un drastico restauro dell’intero edificio sacro: elaborò in tal senso un progetto (1901) che prevedeva due ‘soluzioni’ alternative: un rivestimento in stile neogotico della cupola neoclassica e una cupola a calotta emisferica simile a quella, sopra citata da Santoro, di Santa Maria dell’Ammiraglio”. Ma alla fine la cupola neoclassica di Fuga, regio ingegnere alla corte dei Borbone, rimase così come è oggi, simbolo di una armoniosa fusione di stili diversi.
(Nella prima immagine in alto “Vue de la Cathédrale de Palerme”, acquerello di Eugène Emmanuel Viollet-Le-Duc del 1836. Immagine concessa da Piero Genova)