La Sicilia del vino mostra segnali di ripresa, terza regione in Italia per coltivazione in biologico

Incoraggianti i dati di uno studio condotto da UniCredit-Nomisma sul mercato vitivinicolo dell’Isola, esposti in occasione della presentazione della diciannovesima edizione di Sicilia en Primeur, la kermesse organizzata da Assovini che si svolgerà dal 9 al 13 maggio

di Antonio Schembri

Vendemmia in Sicilia

Si svolgerà dal 9 al 13 maggio tra Taormina e il parco botanico di Radicepura, a Giarre, la diciannovesima edizione di Sicilia en Primeur, l’annuale anteprima dei vini di produzione isolana organizzata da Assovini Sicilia. Saranno oltre ottanta i giornalisti italiani e stranieri che parteciperanno all’appuntamento più importante per il settore vitivinicolo regionale, insieme con master of wine e professionisti del settore enologico chiamati a guidare i seminari tecnici in programma.

L’evento, presentato ieri nella sede di Unicredit a Palermo, ha messo l’accento sul processo di crescita, non solo in termini di qualità dell’imbottigliato immesso nei mercati dalle quasi 100 cantine aderenti all’associazione; ma anche di sostenibilità dei processi produttivi di un numero crescente di cantine. Con un focus particolare sullo studio UniCredit-Nomisma sui mercati, i territori e le imprese, ovvero gli asset che creano valore per la filiera vitivinicola italiana.

Botti in cantina

Un’analisi che ruota su un dato centrale: quello di un mercato nazionale in cui la popolazione invecchia, tende a ridursi (dagli attuali 50 milioni di abitanti, le previsioni per il 2050 indicano 4 milioni di cittadini in meno) e a consumare meno vino. Dai 35,6 milioni di ettolitri del 1995 si è infatti scesi ai 24,2 milioni del 2021. Sarà quindi l’export a determinare la tenuta e la crescita del settore vitivinicolo. In linea con quello nazionale, concentrato principalmente sul mercato Europeo e quello Nord Americano, per la Sicilia i cinque mercati più significativi restano nell’ordine la Germania, gli Stati Uniti, la Svizzera, il Regno Unito e il Belgio.

In base ai rilievi dell’Istat, tra il 2021 e il 2022 il vino esportato nei primi due paesi è cresciuto rispettivamente del 28 e del 24 per cento. Ma si tratta di dati che tengono conto del luogo di spedizione all’estero, e dai quali sfuggono quindi i quantitativi di vino siciliano che non partono direttamente dall’Isola bensì da porti di altre regioni, ragion per cui si stima che in realtà il commercio estero di vini e mosti siciliani sia decisamente superiore. Il vino siciliano viaggia quindi sempre di più nel mondo, facendosi portavoce e, attraverso i suoi produttori, promotore delle qualità del territorio siciliano delle sue bellezze paesaggistiche e dell’unicità del suo patrimonio storico-archeologico.

“Dopo due anni molto difficili a causa della pandemia e il risveglio registrato nel mondo della ristorazione, adesso le aziende accusano l’altro duro e imprevisto colpo dell’aumento dei costi legato alla situazione internazionale, fattore che sta condizionando la loro programmazione a lungo termine delle aziende – dice Laurent de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia – . È però certo che tra i comparti dell’agroindustria siciliana, quello del vino è tra i pochissimi a muoversi finalmente secondo logiche di rete, esprimendo ordini di grandezza in continua crescita in termini di territorio, di marketing e di prodotto”.

Calici di vino (foto Arek Socha da Pixabay)

Performance, queste, i cui ancora ampi margini di miglioramento ruotano sul fattore strategico costituito dalla grande diversità tra gli areali di produzione. Visitare più cantine siciliane all’interno di ogni singola provincia, permette ormai di avere un’idea reale di quanto diversificati siano i territori della Sicilia. “Considerando le varietà che tradizionalmente trainano le vendite del vino siciliano, ossia il Nero d’Avola e il Grillo, queste si esprimono in vini dalle caratteristiche molto differenti a seconda dei terroir in cui questi vitigni vengono allevati – riprende De la Gatinais. E ciò costituisce un cardine del marketing delle nostre aziende associate: ormai tutte, piccole e grandi, sono adeguatamente attrezzate per muoversi in un mercato sempre più complesso e saturo. Oggi – aggiunge – i nostri produttori associati viaggiano nel mondo per far conoscere il brand Sicilia e promuovere il territorio e la cultura dell’Isola offrendo ospitalità nelle loro aziende”.

Una culla di biodiversità e di terroir, l’isola più grande del Mediterraneo. Una tra le regioni con i vigneti più resistenti ai cambiamenti climatici in corso, grazie alla loro ubicazione a altitudini disparate, così come lo sono le loro esposizioni alle brezze. In più, terra di tanti vitigni reliquia da anni oggetto di studi e in qualche caso di riusciti recuperi, che attendono di trovare uno sbocco commerciale. Intanto, anche quest’anno, a vincere è la linea dei vini freschi, bianchi e mossi. Il settore delle “bollicine” sta facendo segnare un continuo rinnovamento, sicché adesso i produttori sono chiamati a modificare e adeguare lo stile anche sul fronte dei rossi, auspicano da Assovini.

Vitigno dei Sicani

Un patrimonio vitivinicolo che ruota sempre di più su processi produttivi naturali. Oggi la Sicilia è la più grande area vinicola biologica in Italia, con poco meno di 40mila ettari, pari al 30 per cento del vigneto bio nazionale. In più grazie al suolo estremamente diversificato e a un clima naturalmente adatto a una produzione rispettosa dell’ambiente (attualmente espressa da 42mila ettari di vigneti sostenibili), è quella in cui la vendemmia dura di più: oltre 100 giorni. Un quadro che include più di 70 varietà di vitigni autoctoni.

Stando sempre allo studio di Unicredit-Nomisma, la Sicilia mostra ancora molti margini di miglioramento riguardo al posizionamento dei vini (fermi) Dop nel sistema della Grande distribuzione. Le vendite del prodotto siciliano pesano circa il 4 per cento su quelle totali della grande distribuzione italiana, ma con una buona tenuta del prezzo medio di vendita (5,01 euro a bottiglia), superiore alla media nazionale (4,20 euro).

La Sicilia è la terza regione (con il 31 per cento rispetto al 19 per cento dell’intero Paese) con riferimento all’incidenza della coltivazione di vino bio sul totale superficie vitata regionale, anche se con margini di crescita minori dal 2011 al 2021 rispetto ad altre regioni (il 97 per cento contro il 138 per cento a livello italiano).

“L’immagine del settore vitivinicolo siciliano si conferma in termini di eccellenza – sottolinea il regional manager di Unicredit Salvatore Malandrino -. Continueremo a supportare le aziende anche con finanziamenti per sostenerne la transizione ‘green’ e con programmi di formazione lungo l’intera filiera”.

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