Una targa in vicolo Paternò ricorda l’incontro tra gli scrittori francesi André Gide e Raymond Roussel. Quest’ultimo fu trovato morto nel 1933 in una camera dell’Hotel delle Palme. Uno degli incroci casuali che accompagna il legame tra la città e alcuni protagonisti della letteratura
di Emanuele Drago *

Tra le cinquantacinque città invisibili di cui parla Italo Calvino nel suo omonimo libro, bisognerebbe annoverare una nuova categoria di città: le città del caso. Girando per le vie del centro storico di Palermo, ma anche “extra moenia”, è possibile imbattersi in targhe commemorative che confermano il rapporto, spesso frutto del caso, che la città ha avuto con personalità della letteratura italiana e straniera.

La prima targa di questo tour è in vicolo Paternò, una strada che collega via Vittorio Emanuele con la salita Castellana e in cui è possibile scorgere, appena sulla sinistra, una targa con su scritto: “Dentro questa casa nella notte del 7 luglio del 1933 Raymond Roussel incontrava per una partita di scacchi André Gide”.

La presenza a Palermo del premio Nobel francese, e l’accidentale partita a scacchi con il connazionale che la sera del festino dello stesso anno venne misteriosamente trovato morto dentro il Grand Hotel Et Des Palmes, è certamente importante e seguì un’altra precedente visita che Gide aveva compiuto a Palermo molti anni prima. Nel romanzo “L’immoralista”, testo pubblicato nel 1906 e che influenzò molto altri scrittori del Novecento, Gide descrisse infatti i suoi primi cinque giorni trascorsi a Palermo. Soggiorno di cui si giovò soprattutto la consorte Madeleine, la Marceline del romanzo, per via del clima mite che la città in quel periodo dell’anno offriva; un clima che, insieme alla costa palermitana, la donna rimpianse a lungo, anche quando dovette poi seguire il marito, prima a Taormina e poi in Africa.

Ma oltre alla targa di vicolo Paternò, a Palermo ce n’è un’altra in maiolica, precisamente al numero civico 101 di via Libertà (posta in occasione del centenario della nascita) che ricorda il luogo in cui nacque Natalia Levi (che da sposata poi adottò il cognome Ginzburg) la grande scrittrice di origine ebraica che fu autrice, tra tante altre opere, di “Lessico famigliare”, uno testi più significativi del nostro Novecento. La Ginzburg nacque a Palermo quasi per caso, negli anni in cui il padre insegnava anatomia all’Università di Palermo. Eppure, la data in cui la scrittrice venne al mondo ( ancora una volta è il 14 luglio, sebbene del 1916) apparve quasi un segno del destino; perché in quel solenne giorno che accomuna la festa nazionale francese con la festa in onore di Santa Rosalia, sembra sintetizzarsi perfettamente quell’ideale di libertà da ogni forma di oppressione che animerà l’intera vita della Ginzburg.
E se i ricordi dell’infanzia non gli furono d’aiuto – quando lasciò Palermo aveva appena tre anni – lo furono invece quelli della madre e della sorella, che rimpiansero spesso il clima della città, gli amici e il mare di Mondello. Fu così che quel “Palermino Palermino, sei più bello di Torino”, il distico in rima baciata presente in “Lessico famigliare”, divenne per la scrittrice una sorta di omaggio alla città in cui era nata e di cui avrebbe voluto anche avere dei ricordi.

In questo girotondo di città del caso non possiamo non ricordare anche la scoperta che alcuni anni fa fece il compianto poeta Nicola Romano, il quale scoprì nel cimitero di Sant’Orsola la tomba della madre del poeta Giorgio Caproni, Anna Picchi, raffinata sarta che morì a Palermo il 15 febbraio del 1950. E d’altronde la presenza nella città di colei che divenne la musa della raccolta di poesie “Il seme del piangere”, è confermata da alcuni versi che ispirarono la lirica “Il carro di vetro”: “Annina con me a Palermo/di notte era morta, e d’inverno. / Fuori c’era il temporale. / Poi cominciò ad albeggiare”.
Perché Anna Picchi si trovava a Palermo quando morì? E come mai venne sepolta nel cimitero di Sant’Orsola e non a Livorno? Insomma, questi quesiti non possono che avvalorare quanto affermava Calvino ne “Le città invisibili”: ciò che rende interessante una città non sono solo le meraviglia che possiede, ma molto spesso le risposta che dà a una nostra domanda.
* Docente e scrittore