Nella Riserva della Timpa, sulla falesia di Santa Maria La Scala, sorge l’antico baluardo, che proteggeva la comunità acese dalle scorrerie dei turchi. Oggi è una delle attrazioni turistiche più importanti del territorio
di Livio Grasso

Alla fine del secondo tornante delle cosiddette “chiazzette”, suggestiva stradina spagnola che collega Acireale al mare Ionio, si trovano i resti della storica fortezza del Tocco. Di grande pregio naturalistico, sappiamo che, a partire dal quindicesimo secolo, questo sentiero rivestiva una funzione commerciale di prim’ordine per l’intero abitato. In quest’area, inoltre, si può ammirare una rigogliosa vegetazione arborea che rende l’aria particolarmente profumata.

La fortezza, costruita interamente in pietra, è collocata sopra la Timpa di Santa Maria La Scala. Le fonti tramandano che fu edificata dall’ingegnere Camillo Camilliani, soprintendente delle fortificazioni regie della Sicilia e incaricato, tra il 1584 e il 1593, di potenziare le difese costiere dell’Isola. In quel periodo era fondamentale frenare le scorrerie rapide dei turchi, che, malgrado fossero stati sconfitti a Lepanto nel 1571, non cessavano di essere una minaccia concreta per il versante orientale della Sicilia. Il costante rischio di pericolose incursioni, quindi, determinò la realizzazione di efficienti opere di fortificazione che stroncassero varie ed eventuali invasioni.

La postazione a ridosso della Timpa risultava strategica sia per dominare un ampio spazio di mare che per comunicare facilmente tra le varie torri dell’Isola, note anche come garitte. La Deputazione del Regno si occupava del reclutamento degli uomini da porre a presidio dell’area, scegliendo guardie ordinarie da impiegare per tutto l’anno e guardie straordinarie che operavano da aprile a novembre. Alla custodia della torre erano addetti i così chiamati “torrieri”, che avevano il compito di osservare il mare e, qualora necessario, mandare un segnale agli abitanti del luogo in caso di navi nemiche in agguato.

La messa a punto di un sistema difensivo così organizzato mirava a proteggere tutta la comunità, in particolare le donne, che spesso si recavano alla sorgente d’acqua dolce di Santa Maria La Scala per occuparsi del bucato. La zona, essendo particolarmente esposta, poteva metterle in serio pericolo e farle divenire un facile bersaglio per potenziali attacchi. Proprio per tutelare la sicurezza pubblica, gli addetti alla guardia della costa erano soliti segnalare gli avvistamenti attraverso fuochi e cannonate. Proprio per questo, il bastione fu soprannominato “Tocco del cannone”.

Dai documenti custoditi nell’archivio municipale, si apprende, infatti, che nel 1592 furono spese circa 80 onze per la costruzione di un cannone adibito alla funzione di rapido e sonoro allarme in caso di pericolo imminente. Lo strumento militare rappresentò, dunque, una garanzia per la sicurezza di tutto il perimetro urbano e, per mantenerlo adeguatamente, gli storici riportano che ai cittadini fu imposto il pagamento di un dazio.

La struttura del bastione, articolata in due piani intercomunicanti, è suddivisa in ambienti destinati a depositi delle polveri e, al contempo, in altri vani progettati per l’alloggiamento dei guardiani e i pezzi di artiglieria. Inoltre, a partire dal 1651, il primitivo progetto edilizio di Camilliani subì delle sostanziali modifiche ad opera dell’architetto Vincenzo Tedeschi, divenendo luogo di prigionia. Dopo il devastante terremoto del 1693 la torre venne ulteriormente consolidata dall’ingegnere acese Vincenzo Geremia, chiamato anche Pucciddana, a cui si riconosce l’aggiunta di un cannoncino portatile. Nel diciannovesimo secolo, una volta cessate le esigenze difensive, il forte venne dismesso e il piccolo cannone spostato alla Pinacoteca Zelantea di Acireale.