La patera custodita al British Museum di Londra è l’unica rimasta di quattro pezzi spariti nel nulla. Resta il sogno di un ritorno in Sicilia dopo quello del 2015
di Giulio Giallombardo

Si staglia gigante all’ingresso del borgo. A ricordare che quel tesoro ormai lontano da casa appartiene a questo lembo nascosto di Sicilia. Una coppa d’oro decorata a rilievo con una fila di sei buoi e una mezza luna è il simbolo di Sant’Angelo Muxaro, piccolo paese di 1.200 abitanti, affacciato sulla Valle del Platani. È l’ultima patera delle quattro che provenivano da quell’importante centro sicano, una copia simbolica dell’originale che adesso si trova al British Museum di Londra. Una coppa bassa e larga, risalente al settimo secolo avanti Cristo, usata per le libagioni rituali, che nel Settecento faceva bella mostra di sé nella collezione privata del vescovo di Agrigento, Andrea Lucchesi Palli, insieme ad altre tre, che adesso sono andate perdute.

Le quattro patere d’oro, due lisce e due decorate, furono notate dal barone Joseph Hermann von Riedesel, viaggiatore diplomatico e ministro tedesco, nella biblioteca vescovile di Agrigento nel 1767. “La cosa più rara di questo gabinetto – scriverà von Riedesel qualche anno dopo – sono quattro coppe d’oro, della grandezza di una delle nostre sottocoppe della tazza del caffè. Due di queste hanno nel loro contorno delle figure di bovi in rilievo, di stile egizio, le altre sono riunite e per ornamento non hanno che un’orlatura. Queste coppe sono state trovate in una antica tomba e paiono avere servito al culto del dio Apis”.

Il barone von Riedesel fu l’unico a vederle insieme. Infatti, già nel 1770, quando ad Agrigento arrivò il pittore francese Jean-Pierre Houël, delle due patere figurate ne rimaneva una sola che l’artista riuscì a ritrarre. È ancora mistero su dove siano finite le altre tre coppe. La patera del British Museum giunse a Londra con l’ambasciatore inglese del Regno delle Due Sicilie, Sir William Hamilton, che la acquistò per poi donarla al museo londinese.

Ma del tesoro di Sant’Angelo fanno parte anche due anelli-sigillo d’oro, oggi conservati al museo “Paolo Orsi” di Siracusa. Il primo fu trovato proprio dall’archeologo di Rovereto in una delle tombe monumentali dell’imponente necropoli rupestre del paese, durante gli scavi negli anni Trenta del secolo scorso. Raffigura “un lupo coi suoi unghioni, con tracce di rosso nel cavo”, scrive Orsi. Quel lupo oggi è uno dei simboli del borgo agrigentino e lo si può scorgere in ogni strada, sulle ceramiche che riportano i nomi delle vie. Il secondo anello, che raffigura una mucca con un vitellino, fu rinvenuto per caso da alcuni contadini durante il lavoro nei campi. Ma c’è anche un terzo anello, custodito nel museo archeologico di Firenze, che secondo alcuni studiosi potrebbe provenire dalla stessa bottega di Sant’Angelo che ha forgiato gli altri due.

L’ultima volta che la patera tornò a Sant’Angelo fu nel 2015. Per poco meno di un mese fu in mostra insieme ai due anelli per poi tornare a Londra. “La normativa non prevede più la possibilità di un rientro definitivo della reperto nel nostro borgo – sottolinea il sindaco Angelo Tirrito, trentenne laureato in storia e appassionato conoscitore della sua comunità – . Ma potremmo organizzare, in collaborazione con le istituzioni, un nuovo ritorno temporaneo. Un pezzo del genere che torna nel suo luogo d’origine, suscita sempre un grande interesse da parte di turisti e studiosi. Intanto, stiamo predisponendo la realizzazione delle copie degli anelli-sigillo che si trovano a Siracusa. Due gioielli identici che saranno forgiati da un orafo e verranno esposti insieme alla copia della patera nel museo archeologico di Sant’Angelo”.
(Foto della patera grande in alto da www.britishmuseum.org)