La “Chiesazza” normanna, un tesoro da salvare

Il rudere di Santa Maria di Campogrosso, ad Altavilla Milicia, è quello che rimane di un antico complesso religioso nato al tempo di Ruggero, come ex voto per la battaglia vinta contro gli arabi. Oggi il recupero sembra quasi un miraggio

di Giulio Giallombardo

Era una delle più antiche chiese normanne in Sicilia, ma oggi sono rimaste in piedi solo due pareti. Il rudere della chiesa di Santa Maria di Campogrosso è ben visibile percorrendo l’autostrada Palermo-Catania, subito dopo lo svincolo di Altavilla Milicia. Difficile immaginare che quelle mura all’apparenza anonime, siano ciò che rimane di un importante edificio di culto con annesso un monastero basiliano. Ma basta salire sull’altura dove si ergeva la chiesa, per avvertire tutta la sacralità del luogo.

Chiesa di Santa Maria di Campogrosso, vista da Sud-Est (foto di P. Wroniecki)

Si raggiunge facilmente a piedi da un piccolo sentiero, che si trova vicino alla statale 113, a due passi dallo svincolo autostradale di Altavilla. Dopo pochi minuti si arriva in cima, con lo sguardo che spazia su tutto il golfo di Termini Imerese. Lì resistono ancora i ruderi della cosiddetta “Chiesazza”, epiteto certamente poco alato, ma che rende bene l’idea dello stato in cui versa ciò che resta dell’edificio, a cui era anche annesso un monastero basiliano. La tradizione ritiene che sia stato Ruggero d’Altavilla a costruire la chiesa nel 1068, come ex voto per la battaglia vinta contro gli arabi. Oggi dell’unica navata restano solo le pareti, di cui sono ancora visibili i contrafforti, come la base dell’abside e del transetto meridionale.

Nell’area sono presenti le tracce delle ultime campagne di scavo realizzate tra il 2015 e il 2016, dai ricercatori polacchi dell’Istituto di Archeologia ed Etnologia dell’Accademia delle Scienze. La ricerca, condotta in convenzione con la Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali di Palermo e con il Comune di Altavilla Milicia, ha consentito di acquisire ulteriori notizie sulla storia del monumento, mettendo in luce anche alcune sepolture, con il ritrovamento di due scheletri. Inoltre, sono state scattate diverse fotografie, che hanno consentito di ricostruire una dettagliata planimetria dell’intero complesso e delle varie fasi costruttive. È stata anche ripulita una parte significativa dei muri del transetto, che era coperto dai detriti, così da riportare alla luce l’antico aspetto.

Una delle sepolture scoperte (foto di A. Kubicka)

Ma dopo questa recente parentesi, i riflettori accesi sulla Chiesazza si sono spenti di nuovo, anche se qualcosa sembra muoversi. “Abbiamo inviato un progetto al Dipartimento regionale dei Beni culturali che però non ha avuto ancora copertura finanziaria”, spiega a Le Vie dei Tesori News il soprintendente di Palermo, Lina Bellanca. “Il progetto – aggiunge – prevede un ampliamento degli scavi, che sono stati già avviati dalla missione polacca, ma soprattutto la messa in sicurezza delle parti architettoniche che sono in maggiore stato di precarietà”.

Ma il complesso di Santa Maria di Campogrosso non è l’unico tesoro nella zona. Collegato alla chiesa, poco più sotto si trova l’antico ponte normanno, sul torrente Cannemasche (ve ne abbiamo parlato anche qui), che serviva a facilitare gli scambi dei monaci e degli abitanti della zona con Palermo. Il monumento, noto anche come “ponte saraceno”, sembra poter crollare da un momento all’altro. Il suo arco a sesto acuto regge ancora per miracolo e la Soprintendenza, ha da poco indetto una gara per avviare urgenti lavori di restauro e consolidamento del ponte, stanziando 100mila euro. Sullo sfondo resta il sogno di un itinerario normanno nel territorio, che faccia dialogare i due monumenti dopo il recupero. Ma oggi sembra solo un miraggio.

Il rudere di Santa Maria di Campogrosso, ad Altavilla Milicia, è quello che rimane di un antico complesso religioso nato al tempo di Ruggero, come ex voto per la battaglia vinta contro gli arabi. Oggi il recupero sembra quasi un miraggio

di Giulio Giallombardo

Era una delle più antiche chiese normanne in Sicilia, ma oggi sono rimaste in piedi solo due pareti. Il rudere della chiesa di Santa Maria di Campogrosso è ben visibile percorrendo l’autostrada Palermo-Catania, subito dopo lo svincolo di Altavilla Milicia. Difficile immaginare che quelle mura all’apparenza anonime, siano ciò che rimane di un importante edificio di culto con annesso un monastero basiliano. Ma basta salire sull’altura dove si ergeva la chiesa, per avvertire tutta la sacralità del luogo.

Chiesa di Santa Maria di Campogrosso, vista da Sud-Est (foto di P. Wroniecki)

Si raggiunge facilmente a piedi da un piccolo sentiero, che si trova vicino alla statale 113, a due passi dallo svincolo autostradale di Altavilla. Dopo pochi minuti si arriva in cima, con lo sguardo che spazia su tutto il golfo di Termini Imerese. Lì resistono ancora i ruderi della cosiddetta “Chiesazza”, epiteto certamente poco alato, ma che rende bene l’idea dello stato in cui versa ciò che resta dell’edificio, a cui era anche annesso un monastero basiliano. La tradizione ritiene che sia stato Ruggero d’Altavilla a costruire la chiesa nel 1068, come ex voto per la battaglia vinta contro gli arabi. Oggi dell’unica navata restano solo le pareti, di cui sono ancora visibili i contrafforti, come la base dell’abside e del transetto meridionale.

Nell’area sono presenti le tracce delle ultime campagne di scavo realizzate tra il 2015 e il 2016, dai ricercatori polacchi dell’Istituto di Archeologia ed Etnologia dell’Accademia delle Scienze. La ricerca, condotta in convenzione con la Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali di Palermo e con il Comune di Altavilla Milicia, ha consentito di acquisire ulteriori notizie sulla storia del monumento, mettendo in luce anche alcune sepolture, con il ritrovamento di due scheletri. Inoltre, sono state scattate diverse fotografie, che hanno consentito di ricostruire una dettagliata planimetria dell’intero complesso e delle varie fasi costruttive. È stata anche ripulita una parte significativa dei muri del transetto, che era coperto dai detriti, così da riportare alla luce l’antico aspetto.

Una delle sepolture scoperte (foto di A. Kubicka)

Ma dopo questa recente parentesi, i riflettori accesi sulla Chiesazza si sono spenti di nuovo, anche se qualcosa sembra muoversi. “Abbiamo inviato un progetto al Dipartimento regionale dei Beni culturali che però non ha avuto ancora copertura finanziaria”, spiega a Le Vie dei Tesori News il soprintendente di Palermo, Lina Bellanca. “Il progetto – aggiunge – prevede un ampliamento degli scavi, che sono stati già avviati dalla missione polacca, ma soprattutto la messa in sicurezza delle parti architettoniche che sono in maggiore stato di precarietà”.

Ma il complesso di Santa Maria di Campogrosso non è l’unico tesoro nella zona. Collegato alla chiesa, poco più sotto si trova l’antico ponte normanno, sul torrente Cannemasche (ve ne abbiamo parlato anche qui), che serviva a facilitare gli scambi dei monaci e degli abitanti della zona con Palermo. Il monumento, noto anche come “ponte saraceno”, sembra poter crollare da un momento all’altro. Il suo arco a sesto acuto regge ancora per miracolo e la Soprintendenza, ha da poco indetto una gara per avviare urgenti lavori di restauro e consolidamento del ponte, stanziando 100mila euro. Sullo sfondo resta il sogno di un itinerario normanno nel territorio, che faccia dialogare i due monumenti dopo il recupero. Ma oggi sembra solo un miraggio.

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