Opere contemporanee dialogano con gli antichi reperti esposti in sale inedite. In mostra l’Ariete bronzeo, le teste votive di Cales e altri pezzi conservati nei depositi
di Antonio Schembri

È il sogno, non lo stato di veglia, l’autentico atto creativo. Ed è la poesia il “ponte” che collega questi due stati così diversi, oltrepassando i confini tra l’uno e l’altro. Lo sosteneva Jorge Luis Borges, da quando la totale cecità, causata dalla malattia agli occhi ereditata dal padre, lo accompagnò dalla fine degli anni ’60 fino alla sua scomparsa, nel 1986. Il ragionamento del sommo scrittore e poeta argentino è alla base della mostra che, da oggi sino a fine marzo, apre al pubblico un’area mai vista prima del museo archeologico Salinas di Palermo.

Intitolato “Quando le statue sognano”, questo evento, in cui artisti contemporanei dialogano con antichi reperti d’arte etrusca, greca e romana, è non a caso introdotto da alcuni emblematici scatti che Ferdinando Scianna, primo fotoreporter italiano a entrare nell’agenzia fotografica internazionale Magnum, fece proprio a Borges in occasione della sua visita a Palermo nel 1984, accompagnato dalla moglie ed ex discepola, Maria Kodama. Fotografie che lo ritraggono mentre accarezza, “leggendone” i contorni, alcune delle statue che si possono ammirare nelle sale del museo adesso accessibili, in attesa del completamento del suo restauro.
Un’occasione, questo progetto espositivo curato dal direttore del Museo Salinas Caterina Greco e dalla critica d’arte Helga Marsala, in cui torna in mostra il famoso Ariete bronzeo, scultura del III secolo avanti Cristo attribuita alla scuola di Lisippo e vengono mostrate, per la prima volta, le Teste votive di Cales, insieme con altre opere a lungo conservate nei depositi del museo. Si può ammirare, inoltre, la statua in marmo policromo della Menade, detta Farnese perché rinvenuta nella metà del Cinquecento a Roma nelle Terme di Caracalla, grazie agli scavi promossi da Papa Paolo III (Alessandro Farnese): manufatto valorizzato al Salinas da una splendida scenografia sotto il soffitto seicentesco in legno dipinto, anche questo mai presentato prima. E ancora la scultura di Eracle che cattura la cerva, una delle 12 fatiche del semidio greco.
Da due secoli il Museo Salinas è un eccezionale contenitore di storia. Raccontata dalle Metope di Selinunte, il più importante complesso scultoreo dell’arte greca d’Occidente; dalla Pietra Nera di Palermo, frammento egizio di 5mila anni fa sulle cui facce sono iscritti la lista dei sovrani predinastici e gli annali delle prime cinque dinastie di faraoni; dalla raccolte di vasi etruschi della Collezione Bonci Casuccini e da tanti altri reperti. Ma anche una struttura non ancora visitabile interamente, per via del complesso intervento di restauro a cui ha cominciato a sottoporsi. Imminente il via ai lavori per l’allestimento degli altri spazi del primo piano del museo. “La ditta che si aggiudicherà la gara di circa 1 milione e 700mila euro, prevista nei prossimi giorni, avrà 280 giorni per eseguirli – dice il presidente della Regione, Nello Musumeci – . Dall’autunno del 2020, quindi, sarà possibile fruire del Museo Salinas in una veste ancora più rinnovata”.

Tornando alla attuale mostra, gli schemi narrativi sono l’Uomo, la Natura e il Sacro. Si tratta di un insieme di reperti e documenti che raccontano e che sono in sé “l’occasione di vedere, come indica Borges, al di là: all’indietro, ripercorrendo la trama complessa della storia; in avanti, muovendosi sul solco della sperimentazione”, spiega Helga Marsala.

“’Quando le Statue sognano’ rappresenta – aggiunge la direttrice Greco – un teatro segreto con i corridoi silenziosi, le sale vuote e i depositi del museo che diventano serbatoi di spunti per produzioni contemporanee”. Il sottotitolo dell’esposizione è “Frammenti di un museo in transito”. Indica una serie di prossimi eventi collaterali che – specificano gli organizzatori – verranno adibiti in spazi dell’ex monastero dei benedettini mai aperti prima, nei quali verranno esposti anche manufatti di epoca borbonica finora conservati nel buio dei depositi.
La mostra è visitabile dal 29 novembre al 29 marzo, dal martedì al sabato dalle 9 alle 18 (ultimo ingresso alle 17,30). Domenica e festivi dalle 9 alle 13,30 (ultimo ingresso alle 13). Per informazioni telefonare allo 0917489995.