Il fascino degli arabeschi nel Codice Resta ritrovato

Torna a Palermo dopo vent’anni il prezioso volume restaurato, uno dei documenti più importanti nel panorama del disegno ornamentale

di Marco Russo

È uno dei documenti più importanti d’Europa nel panorama del collezionismo del disegno ornamentale. Il Codice Resta, noto anche come Libro d’Arabeschi, è finalmente tornato a Palermo dopo oltre 20 anni di permanenza a Roma dove è stato restaurato dall’Istituto Centrale per la Grafica e fatto oggetto di studi approfonditi. Da pochi giorni si trova nuovamente a “casa”, nella Biblioteca comunale di Casa Professa, dove era stato ritrovato alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, dall’allora direttore Salvatore Pedone, e da Vincenzo Abbate, al tempo alla guida della Galleria regionale di Palazzo Abatellis.

Veduta di piazza San Giovanni in Laterano

Rilegato in marocchino rosso con decorazione incisa in oro, il volume, che prende il nome da padre Sebastiano Resta, noto collezionista d’arte del Seicento, è composto da 242 pagine sulle quali sono stati incollati 307 pezzi e precisamente 292 disegni e 15 stampe, risalenti al Cinquecento e Seicento. La presenza a Palermo del Libro d’Arabeschi si spiega col fatto che intorno al 1690, Resta lo spedì al suo amico e corrispondente padre Giuseppe del Voglia, un oratoriano della Congregazione dell’Olivella di Palermo, anch’egli appassionato collezionista d’arte e particolarmente interessato ai disegni che riproducessero architetture o decorazioni. L’ambizioso progetto di Resta fu quello di ricostruire la storia dell’arte italiana attraverso il disegno, attraverso volumi che comprendessero raccolte di grafica, corredate da suoi commenti eruditi.

Di questa corposa raccolta oggi si conoscono solo altri quattro esemplari ancora integri, due dei quali conservati al British Museum di Londra, un piccolo taccuino del Figino oggi al Metropolitan Museum di New York e una Galleria portatile conservata nella Biblioteca ambrosiana di Milano. Il volume di Palermo apporta, dunque, un importante contributo alla conoscenza del gusto decorativo dalla fine del Quattrocento al Seicento e illumina la storia del collezionismo e del mercato dell’arte del XVII secolo. Il lungo restauro del Codice Resta è stato condotto dall’Istituto Centrale della Grafica di Roma, frutto di un articolato progetto conservativo, curato dal Laboratorio di restauro opere d’arte su carta, diretto da Fabio Fiorani, che ha previsto analisi diagnostiche preliminari, documentazione grafica e fotografica e interventi conservativi che hanno interessato la legatura, la coperta e tutte le carte componenti il volume.

Theodor van Thulden, studio di fregio con corazze, guanti ed elmi

Il Libro d’Arabeschi, che comprende opere di artisti quali Pietro da Cortona, Giulio Romano, Perin del Vaga, Francesco Salviati e Jacopo Barozzi detto “il Vignola”, è stato manomesso nel corso dei secoli. Manca, infatti, la pagina di titolazione, comune a tutti i volumi del Resta, che secondo la testimonianza dello stesso collezionista, avrebbe dovuto essere lo studio di grottesche di Giovanni da Udine. I primi due disegni sono incollati direttamente sull’interno della legatura, fatto inusuale, ed è probabile che il volume si sia deteriorato nei primi fogli, con la perdita del frontespizio e forse anche della pagina di titolo. Nella parte finale, invece, il volume si è conservato nella sua integrità.

Il Codice Resta comprende disegni dell’antico o all’antica, ispirati dalle teorie classiciste cinque-seicentesche e dallo studio dei prototipi classici, conoscenze indispensabili per gli artisti del tempo. Ma il filone portante è quello dello studio di volte e decorazioni “grottesche”. Si tratta per la maggior parte di progetti riconducibili a artisti attivi a Roma e nei dintorni nella seconda metà del XVI secolo, che consentono nel loro insieme di ripercorrere lo sviluppo della decorazione nei cantieri romani più importanti dal 1540 al 1590 circa. Sono disegni raffiguranti forme vegetali di fantasia, miste a figure umane e mostruose o animali, per lo più immaginari, in composizioni bizzarre, con architetture e prospettive,secondo una rilettura fantastica del modello antico.

Camino veneziano di fine ‘500

I disegni più attraenti del volume sono quelli dedicati all’oreficeria, con 32 studi che testimoniano l’importanza, nel Cinquecento, del disegno e della progettazione di oggetti d’arte applicata. E ancora, sono presenti disegni per ornato architettonico, costituiti da numerosi studi per fregi, copie di motivi all’antica di festoni, studi per elementi di arredo e disegni per soffitti lignei; disegni di trofei e alla fine del volume vedute di Roma e paesaggi.

Il ritorno del Codice Resta a Palermo è stato salutato con una cerimonia nella Biblioteca di Casa Professa, a cui erano presenti, tra gli altri, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, l’assessore alla Cultura, Adham Darawsha, e la direttrice della biblioteca Eliana Calandra. “Torna dopo una lunga azione di restauro – ha dichiarato il sindaco – la straordinaria collezione di Sebastiano Resta, che con queste opere credo si possa considerare il padre dello studio sistemico del disegno, che poi nel tempo ha acquisito una propria dignità artistica e culturale autonoma e non soltanto servente di altre attività artistiche e architettoniche”.

Torna a Palermo dopo vent’anni il prezioso volume restaurato, uno dei documenti più importanti nel panorama del disegno ornamentale

di Marco Russo

È uno dei documenti più importanti d’Europa nel panorama del collezionismo del disegno ornamentale. Il Codice Resta, noto anche come Libro d’Arabeschi, è finalmente tornato a Palermo dopo oltre 20 anni di permanenza a Roma dove è stato restaurato dall’Istituto Centrale per la Grafica e fatto oggetto di studi approfonditi. Da pochi giorni si trova nuovamente a “casa”, nella Biblioteca comunale di Casa Professa, dove era stato ritrovato alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, dall’allora direttore Salvatore Pedone, e da Vincenzo Abbate, al tempo alla guida della Galleria regionale di Palazzo Abatellis.

Veduta di piazza San Giovanni in Laterano

Rilegato in marocchino rosso con decorazione incisa in oro, il volume, che prende il nome da padre Sebastiano Resta, noto collezionista d’arte del Seicento, è composto da 242 pagine sulle quali sono stati incollati 307 pezzi e precisamente 292 disegni e 15 stampe, risalenti al Cinquecento e Seicento. La presenza a Palermo del Libro d’Arabeschi si spiega col fatto che intorno al 1690, Resta lo spedì al suo amico e corrispondente padre Giuseppe del Voglia, un oratoriano della Congregazione dell’Olivella di Palermo, anch’egli appassionato collezionista d’arte e particolarmente interessato ai disegni che riproducessero architetture o decorazioni. L’ambizioso progetto di Resta fu quello di ricostruire la storia dell’arte italiana attraverso il disegno, attraverso volumi che comprendessero raccolte di grafica, corredate da suoi commenti eruditi.

Di questa corposa raccolta oggi si conoscono solo altri quattro esemplari ancora integri, due dei quali conservati al British Museum di Londra, un piccolo taccuino del Figino oggi al Metropolitan Museum di New York e una Galleria portatile conservata nella Biblioteca ambrosiana di Milano. Il volume di Palermo apporta, dunque, un importante contributo alla conoscenza del gusto decorativo dalla fine del Quattrocento al Seicento e illumina la storia del collezionismo e del mercato dell’arte del XVII secolo. Il lungo restauro del Codice Resta è stato condotto dall’Istituto Centrale della Grafica di Roma, frutto di un articolato progetto conservativo, curato dal Laboratorio di restauro opere d’arte su carta, diretto da Fabio Fiorani, che ha previsto analisi diagnostiche preliminari, documentazione grafica e fotografica e interventi conservativi che hanno interessato la legatura, la coperta e tutte le carte componenti il volume.

Theodor van Thulden, studio di fregio con corazze, guanti ed elmi

Il Libro d’Arabeschi, che comprende opere di artisti quali Pietro da Cortona, Giulio Romano, Perin del Vaga, Francesco Salviati e Jacopo Barozzi detto “il Vignola”, è stato manomesso nel corso dei secoli. Manca, infatti, la pagina di titolazione, comune a tutti i volumi del Resta, che secondo la testimonianza dello stesso collezionista, avrebbe dovuto essere lo studio di grottesche di Giovanni da Udine. I primi due disegni sono incollati direttamente sull’interno della legatura, fatto inusuale, ed è probabile che il volume si sia deteriorato nei primi fogli, con la perdita del frontespizio e forse anche della pagina di titolo. Nella parte finale, invece, il volume si è conservato nella sua integrità.

Il Codice Resta comprende disegni dell’antico o all’antica, ispirati dalle teorie classiciste cinque-seicentesche e dallo studio dei prototipi classici, conoscenze indispensabili per gli artisti del tempo. Ma il filone portante è quello dello studio di volte e decorazioni “grottesche”. Si tratta per la maggior parte di progetti riconducibili a artisti attivi a Roma e nei dintorni nella seconda metà del XVI secolo, che consentono nel loro insieme di ripercorrere lo sviluppo della decorazione nei cantieri romani più importanti dal 1540 al 1590 circa. Sono disegni raffiguranti forme vegetali di fantasia, miste a figure umane e mostruose o animali, per lo più immaginari, in composizioni bizzarre, con architetture e prospettive,secondo una rilettura fantastica del modello antico.

Camino veneziano di fine ‘500

I disegni più attraenti del volume sono quelli dedicati all’oreficeria, con 32 studi che testimoniano l’importanza, nel Cinquecento, del disegno e della progettazione di oggetti d’arte applicata. E ancora, sono presenti disegni per ornato architettonico, costituiti da numerosi studi per fregi, copie di motivi all’antica di festoni, studi per elementi di arredo e disegni per soffitti lignei; disegni di trofei e alla fine del volume vedute di Roma e paesaggi.

Il ritorno del Codice Resta a Palermo è stato salutato con una cerimonia nella Biblioteca di Casa Professa, a cui erano presenti, tra gli altri, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, l’assessore alla Cultura, Adham Darawsha, e la direttrice della biblioteca Eliana Calandra. “Torna dopo una lunga azione di restauro – ha dichiarato il sindaco – la straordinaria collezione di Sebastiano Resta, che con queste opere credo si possa considerare il padre dello studio sistemico del disegno, che poi nel tempo ha acquisito una propria dignità artistica e culturale autonoma e non soltanto servente di altre attività artistiche e architettoniche”.

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