Il culto di Iside a Catania tra devozione e mito

La figura della dea egizia ha avuto larga diffusione in molti luoghi dell’Isola, in particolare nel capoluogo etneo, dove sono presenti simboli che alludono a questa divinità

di Livio Grasso

Nuove ricerche sulla venerazione di Iside nella Sicilia romana confermano l’importanza di questa divinità egizia che ancora oggi sopravvive nelle tradizioni popolari attraverso simboli, feste e usanze. Le fonti riportano che il culto della dea abbia avuto larga diffusione in molti luoghi dell’Isola, in particolare a Catania. Il  nero che decora le facciate della maggior parte di case e palazzi catanesi, le leggende sul vulcano e i ritrovamenti archeologici in nostro possesso testimoniano questo antico legame da cui nasce persino la devozione popolare per la patrona Sant’Agata.

Geroglifici sull’obelisco

Nel mondo egizio il nero è simbolo sia di rinascita che di morte e probabilmente l’utilizzo della pietra lavica per la costruzione degli edifici ha dei profondi contatti con questa simbologia. L’Etna, identificata sia come madre della terra che come portatrice di catastrofi, riprende il principio della natura ambivalente di Iside. Ma è proprio l’obelisco di piazza Duomo – fa notare Carmine Rapisarda, docente catanese e studioso della simbologia locale – che lascia un’impronta indelebile del culto della dea nella città. “L’obelisco – ha aggiunto  – è  infatti un tipico strumento egizio che nell’antichità funzionava da vero e proprio orologio solare. Questo esemplare si pensa sia stato importato da Roma a Catania intorno al terzo secolo avanti Cristo”.

Putto del basamento dell’obelisco con il grano

“Sappiamo che nel Campo Marzio – prosegue lo studioso – c’era un tempio dedicato alla dea Iside e che il rito in suo onore si sia affermato in Sicilia dopo l’arrivo dei romani nell’Isola. Significativi pure i geroglifici incisi sulla pietra che rievocano la tradizione egizia. Si ricollegano a Iside anche i putti scolpiti nel basamento marmoreo del monumento che appaiono con degli oggetti  fra le mani: la cornucopia, simbolo di abbondanza, e il cesto con dentro il grano, che allude alla fertilità. In cima all’obelisco sono invece raffigurate le palme e la croce, tipici simboli di Sant’Agata”.

Sculture nella chiesa di Sant’Agata al Carcere

Non passano in secondo piano nemmeno le “A “ incise sul palazzo degli Elefanti, poiché potrebbero fare riferimento a Sant’Agata oppure ad Aset, il  nome originale di Iside. “Tutto ciò – spiega Rapisarda – non fa altro che indicare un profondo substrato egizio che accomuna l’immaginario collettivo dell’entroterra catanese”. Altre testimonianze si possono ammirare al Castello Ursino, che conserva delle piccole statuette votive raffiguranti Aset, diversi papiri e delle monete di epoca romana connesse alla sua adorazione. Rientrano nella “Catania dei misteri” anche le piccole statue scolpite nella facciata esterna della chiesa di Sant’Agata al Carcere. Nei capitelli si notano delle piccole sculture “apotropaiche”, che nella tradizione religiosa avevano la funzione di allontanare il maligno. Figurano pure una statuetta antropomorfa, che assume il significato della profonda devozione a Dio, un leone che sbrana i cuccioli, simbolo della ferocia e della potenza contro gli infedeli, e  un altro leone, nel lato opposto, che invece li accudisce.

Piazza Duomo

“Il leone – ha spiegato il docente – ha una duplice valenza simbolica, racchiudendo sia la violenza contro gli ingiusti che la protezione per i servitori di Dio. La chiesa è inoltre un modello di architettura mista con strutture murarie di epoca romana, normanna e barocca. La stratificazione architettonica del monumento religioso, che combina stili artistici di epoche diverse,  è uno dei tanti esempi edilizi che testimonia l’influenza di tutte le civiltà antiche sull’evoluzione urbanistica della città. Una città che a causa dei frequenti e violenti terremoti è stata sempre danneggiata, ricostruita e riadattata con tecniche edilizie più efficienti che potessero resistere agli impatti violenti dei fenomeni sismici. La pietra lavica che decora tanti palazzi e chiese – conclude Rapisarda – è dunque un simbolo caratteristico di questo territorio che segna un profondo legame con il suolo lavico sottostante”.

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