Presentata una proposta di candidatura a patrimonio immateriale per le culture e tradizioni degli albanesi d’Italia, dall’Abruzzo alla Sicilia
di Marco Russo

Culture e tradizioni degli albanesi d’Italia patrimonio universale. Canti, cerimonie, abiti, cibo e soprattutto la lingua e la ricca letteratura orale: tasselli di un mosaico antico da tutelare e valorizzare, che attraversa tutto il Mezzogiorno d’Italia, dall’Abruzzo alla Sicilia. Sono i riti delle comunità arbëreshë che si candidano a diventare patrimonio dell’Unesco. È l’idea lanciata dalla Fondazione universitaria “Francesco Solano”, istituita nel 2009 dall’Università della Calabria per promuovere la lingua e la cultura albanese in Italia.

La proposta è stata presentata dalla Fondazione alla Commissione nazionale Unesco; un progetto che vede la partecipazione di cinque atenei italiani: oltre a quello calabrese, c’è l’Università di Palermo, quella del Salento, poi la Ca’ Foscari di Venezia e la Statale di Milano. Un lungo lavoro di ricognizione sul campo per individuare una rete di tradizioni, realizzato grazie alla collaborazione di diversi esperti e custodi di questo patrimonio, sinora salvaguardato solo grazie all’impegno diretto dei gruppi di praticanti e all’attenzione delle comunità.

“Moti i Madh”, che tradotto in italiano significa “tempo grande”, questo il nome del progetto che formalmente punta a iscrivere nel Registro delle buone pratiche della convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, un insieme di usi e costumi cerimoniali ed eventi musicali, coreutici e teatrali, ispirati ai cicli delle feste della primavera delle diverse comunità italo-albanesi italiane. Minoranze storicamente presenti da circa sei secoli in 50 comunità di sette regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia.

La proposta, avviata e sostenuta dall’azione di ricerca e sensibilizzazione promossa dalle cattedre universitarie di Albanologia dell’Università della Calabria e di Palermo, è stata perfezionata grazie al concorso di un’equipe interdisciplinare, coordinata dalla Fondazione Solano e formata da studiosi di albanologia, di antropologia, di etnomusicologia e di storia delle culture, provenienti da vari atenei, oltre che da esperti giuristi e informatici.

“La nostra proposta ha ricevuto in questi mesi un sensibile e fattivo segnale di attenzione dalla sottosegretaria del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Anna Laura Orrico, – afferma Francesco Altimari, presidente della Fondazione Solano – . Oltre alla lingua e alla ricca letteratura orale degli albanesi d’Italia, altre espressioni tipiche che rientrano nella proposta di candidatura sono le ‘Vàllet’, le ridde ovvero tipiche danze di Pasqua; la festa dei morti nella tradizione religiosa orientale; le suggestive pratiche cerimoniali legate ai riti nuziali, ma anche i canti tradizionali arbërisht, sia laici che religiosi, come pure i prodotti tipici dell’artigianato e i ricchi costumi femminili arbëreshë, ma anche i prodotti della tessitura nonché quelli dell’alimentazione, riferita sia ai cibi rituali che ai cibi tradizionali”.