Tanti appuntamenti per ricordare lo scrittore di Racalmuto e il suo impegno civile, racchiuso in romanzi, racconti, saggi e articoli
di Antonio Schembri

Lo scetticismo e la passione. Il dubbio laico, costantemente affiancato dal culto religioso della ragione. E i chiodi fissi dello stato di diritto, della giustizia e della verità: da cercare e affermare sempre, anche quando è scomoda e urta ipocrisie di Stato e scenari basati su menzogne. Oggi, 8 gennaio, è un secolo dalla nascita di Leonardo Sciascia, l’ex maestro di scuola diventato con la sua scrittura limpida, precisa, spesso venata di ironia, maestro di impegno civile e figura centrale tra i narratori e i saggisti del Novecento letterario italiano e europeo.

Un lascito, quello dello scrittore di Racalmuto scomparso poco più di 30 anni fa, che si quantifica in 11 romanzi, 7 racconti, 22 saggi e tante altre opere sotto forma di testi teatrali, sceneggiature e raccolte di poesie. Alle quali si aggiunge la mole impressionante di articoli pubblicati su quotidiani e periodici, nazionali e esteri. Un mondo, il giornalismo, non così prediletto da Sciascia che detestava i refusi di stampa, inevitabili quando da una tastiera si deve raccontare il presente in velocità. Ma sono proprio i suoi pezzi sul Giornale di Sicilia, il quotidiano che gli offrì il praticantato giornalistico e poi su L’Ora, su grandi testate nazionali come La Stampa e Il Corriere della Sera e su quelle estere, soprattutto El Pais, Le Monde e Le Nouvel Observateur, a confermarlo sia come grande testimone del suo tempo sia come intellettuale senza tempo, cioè sempre attuale. E libero da ogni logica d’appartenenza a tende o tribù.

Proprio Racalmuto, il borgo agricolo circondato da pietre, vigne e uliveti a 22 chilometri da Agrigento, da lui stesso affettuosamente definito “paese straordinario” per i tanti personaggi in cerca d’autore che lo abitano, sarà la grancassa dei ricordi e delle riflessioni sullo scrittore. In particolare Casa Sciascia, l’appartamento nel centro del paese, adiacente al Palazzo Mantia e a due passi dalla Chiesa del Monte, dove lo scrittore visse da bambino accudito anche da due zie e tornò a abitare per un altro decennio con la moglie, con la quale condivise per un po’ il delicato mestiere di maestro di scuola. Attività svolta senza vocazione da Sciascia, che prima di fare il concorso per insegnare, lavorò all’ufficio dell’ammasso del grano.

Da questo luogo, acquisito e trasformato in museo e archivio dal mecenate racalmutese Pippo Di Falco, si articola un lungo evento online, la Maratona Sciascia, appunto, per l’intero fine settimana a partire dalla tarda mattinata di oggi. A allestirlo è La Strada degli Scrittori, il progetto di turismo culturale diretto da Felice Cavallaro, nota firma del Corriere della Sera (originario di Grotte, paese antistante a quello di Sciascia e figlio di uno degli amici più vicini allo scrittore) che punta a valorizzare l’itinerario tra Caltanissetta e Agrigento, punteggiato dai luoghi vissuti e descritti nelle pagine di diversi scrittori siciliani: oltre all’autore de Le Parrochie di Regalpetra, di Todo Modo e dell’Affaire Moro, tutti gli altri grandi agrigentini come Luigi Pirandello (nato nel capoluogo), Andrea Camilleri (di Porto Empedocle), Giuseppe Tomasi di Lampedusa (palermitano di nascita, ma legato a questo territorio tramite la sua famiglia aristocratica originaria di Palma di Montechiaro), Antonio Russello, di Favara e il nisseno Pier Maria Rosso di San Secondo.

Nel dettaglio, la Maratona Sciascia coinvolge su Facebook, Youtube e sul sito www.stradadegliscrittori.it più di cento personalità del mondo della cultura che si avvicenderanno in una staffetta di aneddoti riflessioni e letture. Tutti nomi di spicco: da editorialisti come Paolo Mieli, Ferruccio De Bortoli, Marco Damilano, Marcello Sorgi, Francesco Merlo, Pierluigi Battista, Marco Tarquinio, a autori come Stefania Auci, Walter Veltroni, Giuseppina Torregrossa, l’agrigentino Matteo Collura, Gaetano Savatteri (racalmutese anche lui) e tanti altri. Ampia, altresì, la rappresentanza sia del mondo accademico, con cattedratici come Eva Cantarella, Valeria Della Valle, i rettori Fabrizio Micari e Gianni Puglisi, sociologi e giuristi come Nando dalla Chiesa e Giovanni Fiandaca, che del teatro, con attori come Pamela Villoresi, Luigi Lo Cascio, Vincenzo Pirrotta, Mario Incudine, Alessio Vassallo, Salvo Piparo. Solo una parte, questa, tra quanti offriranno anche interpretazioni inedite.

“In questa fitta trama di interventi, un momento particolare sarà, sempre da Casa Sciascia alle 18.30 di venerdì 8 gennaio, la diretta dell’intervista di Gaetano Savatteri allo scrittore Maurizio De Giovanni – illustra Salvatore Picone, tra gli organizzatori dell’evento e autore insieme con Gigi Restivo del libro ‘Dalle parti di Leonardo Sciascia’ -. Sarà varia – aggiunge – anche la gamma dei collegamenti con la cascina di Contrada Noce, il luogo appena fuori il paese in cui lo scrittore amava trascorrere le estati ricevendo anche molti personaggi della cultura e con la Fondazione Sciascia”. Spazio, quest’ultimo, creato nella ex centrale elettrica di Racalmuto, da dove oggi a partire dalle 19, viene trasmessa in diretta una tavola rotonda con alcuni degli studiosi più assidui dello scrittore che mai si schierò con il potere. In parallelo al lungo evento virtuale de La Strada degli Scrittori, se ne svolgeranno altri due, sempre su Facebook. Il primo, in programma oggi alle 17 dall’Università di Catania, è la tavola rotonda su “L’eredità di Leonardo Sciascia”, l’altro, domani dalle 18, sulla pagina dell’assessorato comunale alla Cultura di Caltanissetta.

Nella ricostruzione dell’appassionante avventura letteraria di Leonardo Sciascia non mancheranno le fotografie. Su tutte, la trentina di scatti inediti dell’amico fotografo Pietro Tulumello, raccolti nella mostra “Leonardo da Regalpetra”, inaugurata a fine 2020 nella Stanza dello Scirocco, spazio espositivo all’interno di un antico palazzo nobiliare di Racalmuto. Bisognerà attendere l’abbassamento della curva dei contagi e la riapertura dei musei per indugiare di presenza di fronte a queste immagini che oltre alle espressioni tipiche di Sciascia, silenziose, pensose, accigliate, talvolta con la Chesterfield pendula dalle labbra, raramente sorridenti, fermano anche momenti privati, distesi, familiari oppure durante incontri estivi in campagna con diversi personaggi.

Vita drammatica, in infanzia e in gioventù, quella di Sciascia. Il fratello, dal carattere allegro, si suicida e il padre muore dopo essere finito in carcere per avere sparato, senza colpirlo, a un avvocato dal quale si era sentito tradito. Entrambi pezzi di famiglia devastati dall’esperienza del lavoro in una vicina miniera di zolfo. Dal fragile mondo di miseria e di paura, quello dei “carusi” nelle zolfare e dei braccianti nelle campagne, agli ideali di libertà e giustizia che in Sciascia si accendono, da studente, a Caltanissetta, la città da lui definita la piccola Atene per il fermento culturale e le possibilità di incontri con insegnanti e intellettuali destinati a influire molto sulla sua formazione.

Su tutti Vitaliano Brancati, per un periodo insegnante a Caltanissetta, ma che Sciascia per timidezza non avvicina: resterà la sua figura guida di scrittore. Leggendo, scrivendo e pubblicando, Leonardo Sciascia matura i suoi più forti punti di coerenza: la lotta alla mafia, come dimostra Il Giorno della Civetta, il libro che rompe l’omertà costante sull’argomento in tutta la stampa italiana fino all’epoca della sua pubblicazione, il 1961; e la questione della giustizia e della verità. Le sue contestazioni sulla linea della fermezza da parte dello Stato durante lo scontro con le Brigate Rosse, che diventa duro e pesante nei giorni del rapimento Moro, furono motivate – spiegherà – soltanto dalla speranza di salvare la vita al presidente democristiano, rinnegato dagli stessi uomini del suo partito che non lo riconoscevano più nelle lettere che inviava dalla prigione dei terroristi. La posizione di Leonardo Sciascia di non stare né con lo Stato, né con le Br, gli costerà polemiche e rotture di rapporti, come l’amicizia con Italo Calvino.
E sempre in tema di giustizia, la questione dell’innocenza, che può arrivare a significare nulla se, anche per una futile stupidità, si arriva a scivolare in certi ingranaggi. Come quello che dall’inizio dell’estate del 1983 imprigiona e stritola il povero Enzo Tortora, accusato d’essere un camorrista spacciatore di droga. A due mesi dall’arresto dell’amato presentatore televisivo, lo scrittore siciliano affermerà sul Corriere della Sera: “Non mi chiedo: ‘E se Tortora fosse innocente?’: sono certo che lo è”.