Famiglia finlandese in fuga dalla Sicilia: la scuola italiana sotto processo

Si accende la polemica dopo la lettera della pittrice che si era trasferita con la famiglia a Siracusa, e che adesso ha lasciato l’Isola contestando i metodi educativi degli insegnanti. Un atto d’accusa che ha scatenato un dibattito, suscitando diverse reazioni tra presidi, docenti e rappresentanti delle istituzioni

di Giulio Giallombardo

La famiglia finlandese che ha lasciato la Sicilia (foto da Facebook)

Parole come fendenti contro la scuola italiana. È bastata una lettera per demolire un sistema scolastico consolidato e mettere in crisi l’immagine di una Sicilia sempre più preferita dagli stranieri. Sta facendo il giro d’Italia (e non solo) la storia della famiglia finlandese che, dopo essersi trasferita a Siracusa, lascia la città contestando i metodi educativi degli insegnanti. Un atto d’accusa a cui stanno replicando docenti, presidi, ma anche rappresentanti delle istituzioni, esponenti politici e dei sindacati. Una levata di scudi, ma anche un invito ad accettare le critiche di Elin Mattsson, pittrice finlandese di 42 anni, che lo scorso agosto si è trasferita in Sicilia con il marito, manager in un’azienda di informatica, e i quattro figli di 15, 14, 6 e 3 anni.

Piazza Duomo a Siracusa (foto Giulio Giallombardo)
Piazza Duomo a Siracusa (foto Giulio Giallombardo)

La pittrice aveva scelto la Sicilia per lavorare in smart working, affascinata dal clima e dalle bellezze dell’Isola. Ma dopo appena due mesi, la famiglia ha deciso di andare via trasferendosi in Spagna. Le ragioni della “fuga” sono state sintetizzate in una lettera inviata al giornale online SiracusaNews. “Mamma, urlano e picchiano sul tavolo”, avrebbe detto il figlioletto di 6 anni, mentre quello di 14 lamenta di conoscere l’inglese “meglio dell’insegnante di inglese”.

La pittrice scrive della giornata scolastica che “si trascorre sulla stessa sedia dalla mattina fino a quando non si ritorna a casa”. Ha chiesto agli insegnanti se fossero previste delle pause. “Solo piccole pause nella stessa classe”, sarebbe stata la risposta ricevuta. “Volevamo sperimentare il vostro clima e la vostra cultura fantastici ma le cose non sono andate come previsto”. Sono bastati “appena due mesi per renderci conto che non ne valeva la pena”, scrive Elin Mattsson che parla di un sistema scolastico “povero”, di “classi rumorose” e di insegnanti “sprezzanti”.

“In Finlandia, – scrive la pittrice – gli studenti hanno una pausa di 15 minuti tra una lezione e l’altra, e lasciano l’aula per giocare insieme nel giardino-patio. Uno o due insegnanti li tengono d’occhio mentre sono fuori”. La donna, poi, mette in discussione la formazione pedagogica degli insegnanti (“urlare a squarciagola probabilmente non funziona così bene”, scrive) e l’organizzazione scolastica (“perché non vi rendete conto dei benefici dell’aria fresca? Gioca e impara!”).

Giuseppe Valditara (foto Wikimedia Commons, licenza CC BY 3.0 IT

Uno sfogo impietoso che ha scosso il mondo della scuola e delle istituzioni, seguito da una pioggia di repliche, a partire da quella del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara.  “La scuola italiana – ha detto – ha docenti e dirigenti di assoluto valore e che con stipendi modesti svolgono un eccellente lavoro. Non generalizziamo giudizi estemporanei. Lavoriamo insieme per migliorare sempre più il nostro sistema scolastico, a iniziare dalla valorizzazione del ruolo dei docenti”.

Francesco Italia (foto Quirinale.it)

La lettera – secondo il sindaco di Siracusa, Francesco Italia – rappresenta l’occasione per riflettere sul sistema scolastico italiano, ma evitando i pregiudizi sugli insegnanti e istituti. “I docenti italiani fanno miracoli – dice il primo cittadino all’Adnkronos – con uno stipendio che non esito a definire vergognoso. Poi è chiaro che sistema scolastico del nostro Paese è diverso da quello finlandese, che, secondo le classifiche europee, nel 2021 era il migliore al mondo”. A sorprendere il sindaco anche il riferimento ad asili nido senza giochi: “Forse la signora si è rivolta a strutture private, perché quelli pubblici, sette in tutto, durante la mia sindacatura sono stati tutti ristrutturati e riqualificati e sono uno dei fiori all’occhiello della città. Credo che, però, l’esperienza negativa con un professore non autorizzi a a coinvolgere l’intera scuola siracusana”.

Più netto il parere di Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda, sindacato degli insegnanti: “La scuola Italiana ha 8 milioni di alunni. Qui si parla di uno o due finlandesi di cui non sappiamo nulla. La percentuale di persone che offendono scuola ed insegnanti c’è l’abbiamo già in Italia. Non serve importare dall’estero”.

Stanca della “narrazione di un Sud irrimediabilmente compromesso e incapace di rinascere” è Teresella Celesti, che da 10 anni dirige l’Istituto d’istruzione secondaria “Luigi Einaudi” di Siracusa. La preside ha detto all’Adnkronos di sentirsi “ferita” perché “la scuola italiana, e quella siracusana non fa differenza, forma persone. Un conto è insegnare metodi di ‘problem solving’, un altro le ragioni della conoscenza. Non tocca a noi fare paragoni tra diversi sistemi formativi, né vestire i panni di una difesa d’ufficio del sistema italiano ma questi sono fatti, avvalorati oggi anche dalle più alte intelligenze scientifiche europee”.

Antonella Di Bartolo

È più aperta alle critiche della pittrice finlandese, accogliendole come un “invito a cambiare il modello di istruzione”, la dirigente dell’Istituto Sperone-Pertini di Palermo, Antonella Di Bartolo. “Condivido le parole di questa mamma e di questa famiglia: è impensabile che bambini e ragazzi trascorranno 5-6 ore a scuola con un’impostazione del lavoro ottocentesca, quando i ritmi e le sollecitazioni sono diventati diversi”, dice la preside all’agenzia di stampa Dire. La dirigente scolastica spiega di aver partecipato ad un progetto di scambi in Grecia e Spagna, dove il modello di istruzione prevede più momenti dinamici per gli alunni, “ma la scuola italiana è ripiegata su se stessa e non guarda altrove, dall’estero, invece, si potrebbe imparare qualcosa”.

Per la dirigente, dunque, la critica non è legata al territorio, ma all’intero sistema scolastico italiano. “Si faccia didattica in modo differente – osserva Di Bartolo – ci sono vari elementi di riflessione da cui poter ripartire. C’è un lavoro da fare. Non rendiamo questa critica fine a sé stessa, ma facciamone qualcosa di positivo per noi”.

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