Il libro “Centralità ai margini” della semiologa Maria Giulia Franco analizza la complessa evoluzione del capoluogo siciliano attraverso tre spazi simbolici
di Marco Russo

Il centro che è allo stesso tempo periferia. Spazi urbani stratificati e in continua trasformazione. Microcosmi dalla forte vocazione identitaria, ma interconnessi tra loro. La complessa evoluzione del centro storico di Palermo è al centro della ricerca di Maria Giulia Franco, semiologa palermitana laureata all’Università Alma Mater di Bologna. Un’indagine raccontata nel saggio dal titolo “Centralità ai margini”, edito da Mohicani Edizioni, un libro di 122 pagine che si concentra su tre spazi paradigmatici della città, diversi tra loro, come cortile Cascino, il quartiere dell’Albergheria e il Capo.

Tre luoghi che – secondo la semiologa – “incarnano, per la loro condizione di degrado e di subordinazione, l’effetto della crescita urbanistica avvenuta a discapito di quelle realtà socioculturali rappresentate dai ceti più poveri e relegate nel centro storico”. Del cortile Cascino come luogo di degrado urbano e grande povertà si è occupato negli anni Cinquanta del secolo scorso il sociologo Danilo Dolci, affiancato anche dal giornalista e saggista Goffredo Fofi che per qualche tempo andò a vivere proprio nel cortile Cascino.

Poi c’è la multietnica Albergheria, che ha il suo fulcro nello storico mercato di Ballarò, e infine il Capo, terzo luogo simbolo dell’indagine, è il quartiere nel quale si trova un altro mercato popolare che ha acquistato una forte attrattiva turistica dopo il declino della Vucciria. Luoghi che esprimono una grande diversità fisica e socio-economica rispetto al resto della città che con gli ultimi piani regolatori (quello del 1957 e quello del 1962) si è sviluppata nel segno di un’espansione verso le aree periferiche e verso quelle residenziali. Il centro storico ha così subito un processo di accentuata marginalità morfologica e sociale.

“La ricerca è stata svolta sia al livello sociale sia fisico e urbano, come due lenti di ingrandimento che inquadrano gli abitanti e i luoghi dei quartieri collegandoli però tra loro in una stretta connessione – scrive la studiosa – . I punti di vista e gli approcci considerati sono stati selezionati rispetto ad un grado di coerenza tale da risultare determinanti per comprendere l’identità complessiva e sfaccettata delle seguenti aree, le quali sono poste in stretta relazione in quanto condividono medesime logiche e dinamiche; esse infatti rappresentano il prodotto di un’evoluzione fisica che riflette direttamente sulle dinamiche socioculturali della città”.

“Nelle pagine del libro – prosegue Franco – vengono raccontati i risultati di una ricerca sull’evoluzione identitaria della città di Palermo, mappata e scomposta nei suoi spazi, nei suoi molteplici linguaggi verbali e nelle sue rappresentazioni; da questa ricerca sono scaturite delle aree di interesse poiché considerate esemplari e rappresentative per il senso del nostro lavoro, in quanto dipingono l’attuale identità fisica e sociale della città. Infatti, esse fungono da microcosmi indipendenti riprodotti mediante differenti aspetti, forme e dinamiche in un contesto urbano fortemente contraddittorio”.
La semiologa coglie in questa realtà urbana i segni di una “spazialità confinata” ma vi ritrova anche caratteri autonomi, indipendenti e dinamici di grande interesse. Il Borgo, l’Albergheria o il Capo “racchiudono – scrive – differenti forme di vita e profili identitari, che attualizzano una coesione e un’appartenenza a un determinato status sociale”. E questo li rende “parte integrante di quel luogo e non di un altrove, ma sono ugualmente portatori di una diversità socioeconomica da non poter sottovalutare”.