Risale a 12.500 anni fa ed è la testuggine più “giovane” d’Europa e del bacino Mediterraneo. Potrebbe essere stata portata all’estinzione dai primi abitanti della Sicilia
di Redazione

L’hanno chiamata “Solitudo sicula” e risale a 12.500 anni fa. Il fossile di una nuova specie di testuggine, ossia un tipo di tartaruga terrestre, è stato scoperto nella grotta Zubbio di Cozzo San Pietro a Bagheria, nel Palermitano, ed è oggetto di una ricerca pubblicata sul Zoological Journal of the Linnean Society dell’Università di Oxford e dal Museo di Storia naturale di Dresda. Si tratta – spiegano i ricercatori – della testuggine di grande taglia più “giovane” d’Europa e del bacino Mediterraneo e potrebbe essere stata portata all’estinzione dai primi abitanti della Sicilia.
Il lavoro è stato coordinato dal professor Massimo Delfino del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, in collaborazione con un team internazionale che include, oltre all’Università di Palermo, anche istituti di ricerca e musei in Argentina, Germania, Polonia e Spagna.

Grazie agli scavi condotti dal gruppo di lavoro di Luca Sineo dell’Università di Palermo in un’area funeraria attribuibile all’età del Rame, che si trova a circa 15 metri di profondità nella grotta vicino a Bagheria, sono stati portati alla luce alcuni resti di una testuggine di grande taglia il cui guscio raggiungeva probabilmente i 50-60 centimetri. Analisi al radiocarbonio dei resti della testuggine hanno rivelato che il loro possessore era in vita circa 12.500 anni fa, molto prima che la grotta fosse interessata dalle attività funerarie. A scoprire quel che resta dello scheletro – secondo quanto riporta l’Agi – è stato lo speleologo Pietro Valenti, durante le ricerche fatte nel 2015 per la sua tesi di laurea da esporre al dipartimento di Scienze naturali dell’Università di Palermo. Valenti è anche coautore dello studio pubblicato sul Zoological Journal of the Linnean Society dell’Università di Oxford.
La presenza di un femore molto ben conservato ha consentito di confrontare le caratteristiche morfologiche della testuggine di Bagheria con quella di tutte le testuggini viventi e fossili del bacino Mediterraneo e di stabilire che si tratta di una nuova specie che ha richiesto anche l’istituzione di un nuovo genere. Il materiale è stato attribuito a “Solitudo sicula”, un nome che pur mantenendo una certa assonanza con il genere dell’unica testuggine terrestre attualmente vivente in Sicilia.

Sebbene non sia possibile dimostrarlo sulla base dei dati attualmente disponibili, non è escluso che Solitudo sia stata portata all’estinzione dagli esseri umani che hanno abitato la Sicilia nell’antichità e, come sottolinea il professor Sineo, “prove di interazioni fra Solitudo e gli esseri umani potrebbero essere ancora racchiuse nei depositi fossiliferi dello Zubbio di Cozzo San Pietro o in altri giacimenti archeologici dell’isola”. Come fa notare Uwe Fritz, docente del Museo di Zoologia Senckenberg Dresden, e coautore della ricerca, “è stato un colpo di fortuna che un femore quasi intatto fosse presente fra i pochi resti di testuggine ritrovati sino ad ora. Le testuggini di grande taglia hanno generalmente gusci fragili e quindi poco presenti nel registro paleontologico, al contrario dei femori che sono robusti e piuttosto frequenti”.
Secondo Gianni Insacco, direttore scientifico del Museo di Comiso, che ormai da decenni si occupa del salvataggio dei resti fossili delle testuggini giganti della Sicilia orientale e che non è fra gli autori del lavoro, “il ritrovamento di questi resti rappresenta una sorpresa veramente inaspettata che apre nuove prospettive per la ricerca scientifica e quindi per la conoscenza del patrimonio naturale e culturale siciliano”.

“Solitudo sicula è per noi ancora un enigma in gran parte da sciogliere perché sino ad ora abbiamo avuto accesso ad un numero molto limitato di informazioni”, spiega Massimo Delfino. “Sebbene si tratti di materiale relativamente recente, – spiega lo studioso – l’estrazione del Dna antico non ha dato risultati utili a comprendere le sue relazioni di parentela con le specie attualmente viventi. Inoltre, i resti fossili sono estremamente scarsi e non includono elementi del cranio e del guscio che potrebbero consentire di fare confronti più dettagliati e ottenere delle informazioni relative all’ecologia di questa specie. Auspichiamo quindi che possano essere ritrovati altri resti in ulteriori campagne di scavo”.