Al via i lavori al Castello di Schisò, diventerà il museo di Naxos

Rinascerà uno dei monumenti simbolo di Giardini Naxos. Nel corso delle prime attività di disboscamento e messa in sicurezza è stata trovata una maschera di sileno

di Redazione

Fuori è il Castello di Schisò, ma dentro sembra un piccolo borgo antico: c’è la casa padronale, la corte interna di una masseria colorata da macchie di verde e di bougainvillea, c’è la chiesetta con la campana sul tetto e poi magazzini e immensi capannoni industriali dalle alte capriate dove, si dice, fino al secolo scorso si lavorassero gli agrumi e prima ancora la canna da zucchero.

La corte interna

Il Castello di Schisò di Giardini Naxos è un universo remoto e recente ancora tutto da scoprire: un complesso monumentale storicamente appartenuto a privati che, nel 2018, per volere di Sebastiano Tusa, è entrato a far parte dei beni della Regione Siciliana tramite l’acquisto, in autofinanziamento, del Parco archeologico Naxos Taormina (ve ne abbiamo parlato qui). Nei prossimi mesi il complesso monumentale sarà protagonista di un “cantiere della conoscenza” con l’avvio di un intervento di recupero architettonico che, oltre a farne un polo culturale e sede del nuovo museo archeologico di Naxos, restituirà alla memoria della comunità di Giardini Naxos un importante tassello di storia locale.

Da sinistra, Giorgio Stracuzzi, Alberto Samonà, Arturo Alberti, Gabriella Tigano e Daniela Sparacino

Oggi il via ufficiale ai lavori alla presenza dell’assessore regionale ai Beni Culturali, Alberto Samonà, della direttrice del Parco Naxos Taormina, Gabriella Tigano, del sindaco di Giardini Naxos, Giorgio Stracuzzi, e degli architetti Daniela Sparacino (responsabile unico del procedimento per conto del Parco) e Arturo Alberti (direttore dei lavori). La ditta aggiudicataria è la Pentatek srl di Partinico e l’importo dell’investimento a base d’asta ammonta a circa 300mila euro. “Con il Castello di Schisò aperto alla pubblica fruizione – afferma l’assessore Samonà – Giardini Naxos si riapproprierà di un prezioso gioiello che, attraverso le testimonianze raccolte, potrà raccontare al mondo la storia della prima colonia greca di Sicilia, ma anche della realtà sociale e imprenditoriale che proprio nel Castello di Schisò, in tempi più recenti si è sviluppata”.

Veduta aerea del complesso monumentale

In programma, nei prossimi mesi, un’indagine pluridisciplinare per approfondire la conoscenza e l’antica destinazione dei singoli immobili con l’obiettivo di orientare e ripensare i futuri interventi di recupero e riconversione di tutti gli spazi. In questo primo stralcio, gli interventi in programma interesseranno l’ala della residenza, la terrazza annessa, l’ex magazzino e la torre quadrata, mentre una parte del fabbricato industriale ospiterà il cantiere di scavo archeologico. Da un lato una squadra di architetti, geologi e maestranze saranno impegnati sia a mettere in sicurezza gli immobili sostituendo le coperture dei tetti, sia indagando la stratigrafia con saggi e carotaggi dei terreni per rideterminare la storia del sito e la sua funzione; dall’altro lato, invece, un’equipe di ricerca, guidata dalla direttrice Gabriella Tigano, condurrà una campagna di scavi per esplorare le tracce più remote della presenza umana nel sito di Naxos.

Gabriella Tigano e Maria Grazia Vanaria con la maschera di sileno

E i primi risultati non si sono fatti attendere. Durante le attività iniziali di disboscamento e messa in sicurezza, infatti, è emersa una maschera di sileno, l’inconfondibile satiro dal ghigno irridente che, con funzione apotropaica, sin dai tempi della colonia greca, i naxioti appendono sopra la porta di casa per tenere lontani gli spiriti maligni. Un ritrovamento che è stato salutato positivamente dal personale del Parco e dalla stessa direttrice, proprio per il suo carattere beneaugurale.

Uno degli accessi alla corte interna

“Cominciamo una nuova avventura alla scoperta della Naxos meno remota – sottolinea Tigano – la Giardini con il castello sul mare e le sue torri disegnata sui taccuini dei viaggiatori del passato, dalle cartografie di Tiburzio Spannocchi agli acquerelli dei vedutisti del Grand Tour. Non solo. I cantieri che stiamo avviando ci consentiranno di esplorare l’antico opificio dove, secondo fonti documentali, si lavoravano agrumi e canna da zucchero. Un’esperienza esaltante non solo per noi archeologi, sempre a caccia di storie e custodi di memorie, ma anche per la comunità di Giardini, curiosa di conoscere il proprio passato”.

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